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La casta si taglia gli stipendiMa poi si restituisce i soldi

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Gli onorevoli bloccano gli aumenti di stipendio, ma i 21 milioni risparmiati vanno in un fondo destinato sempre a loro

Matteo Legnani
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  C'è un fondo congelato nei due rami del Parlamento che a fine legislatura arriverà a 21 milioni di euro e che rischia di trasformarsi in una liquidazione extra da 22 mila euro a testa per tutti gli attuali deputati e senatori. Il fondo è stato varato a fine gennaio dagli uffici di presidenza di entrambi i rami del Parlamento annunciando un taglio di circa 1.300 euro al mese dell'indennità lorda degli onorevoli. Il taglio è stato spacciato così, con tanto di comunicato stampa, ma tale non era: si trattava infatti di mancato aumento nella busta paga di deputati e senatori. L'indennità parlamentare netta sarebbe infatti salita da 5  a 6.300 euro nette al mese grazie all'approvazione del nuovo regime previdenziale contributivo pro rata scattato che sostituisce il vitalizio per i parlamentari dal primo gennaio 2012. Attenzione, perchè il nuovo regime previdenziale farà risparmiare a lungo termine il costo dei politici in pensione, ma all'inizio lo aggrava. Prima i parlamentari avevano un costo lordo che si erano disegnati con i regolamenti per garantirsi poi vitalizi (1.000 euro al mese versati), assegno di fine mandato e assistenza sanitaria integrativa. Ora il costo lordo in teoria aumenta, perché verrà versato un contributo previdenziale del 33% sullo stipendio, per due terzi a carico della amministrazione pubblica e per un terzo a carico del singolo parlamentare. Quest'ultimo poi - come accade per tutti gli italiani - potrà dedurre il contributo versato dal reddito imponibile, con un notevole vantaggio fiscale rispetto al regime attuale (il contributo per il vitalizio non era deducibile). È grazie a questo vantaggio che lo stipendio che deputati e senatori si sarebbero messi in tasca sarebbe aumentato in media di quei 1300 euro netti al mese. Qualcuno ha anche accarezzato l'idea di mettersi in tasca quell'aumento insperato, pronto a difenderlo e giustificarsi: «Avrò una pensione più bassa, è appena una piccola riparazione». In realtà essendo il nuovo sistema pro rata ed essendo la legislatura alla fine, i parlamentari attuali avranno una pensione composta per tre quarti dall'attuale vitalizio e per un quarto dal contributivo, quindi più o meno equivalente a quella dei colleghi del passato. Ma alla fine è prevalsa la paura di essere linciati dagli elettori che non avrebbero certo apprezzato quell'aumento, e ci si è messi a cercare un modo per congelare quegli aumenti di stipendio.   A Camera e Senato si presentava a questo punto una scelta abbastanza lineare: siccome aumentava con il nuovo sistema pensionistico la quota a carico della amministrazione di contributi da versare per  deputati e senatori (quel 22% prima non esisteva), sarebbe stato logico finanziarselo proprio con quei 1.300 euro da togliere alle buste paga dei deputati. Ma così non è accaduto, e sia Camera che Senato hanno creato in bilancio due fondi speciali che non avranno alcuna finalizzazione. Per la Camera così dal primo gennaio ogni mese su quel fondo affluiscono 819 mila euro e così avverrà fino al termine della legislatura. Al Senato la somma è esattamente la metà: 409.500 euro al mese. Alla fine i due fondi ammonteranno rispettivamente a 14 e 7 milioni di euro, in tutto appunto i 21 milioni citati in precedenza.    A che serviranno quei fondi? La domanda è stata ufficialmente fatta alla Camera in ufficio di presidenza dal segretario dell'Idv, Silvana Mura, che qualche sospetto nutriva. Gianfranco Fini e i questori hanno risposto che al momento una decisione non andava presa, e che c'è sempre tempo per decidere. Si è anche fatto capire che i fondi accantonati potrebbero servire a pagare eventuali condanne derivanti dai ricorsi di parlamentari ed ex contro l'abolizione del vitalizio. Se l'accantonamento servisse davvero a quello, sarebbe alquanto generoso: i ricorsi sono una trentina, e a per ciascuno sarebbe stato messo da parte un assegno da 700 mila euro, che sembra davvero esagerato. Per questo anche in ambienti autorevoli degli uffici di presidenza è cominciata a circolare l'ipotesi che il fondo possa essere utilizzato alla fine per integrare con 22 mila euro circa l'assegno di fine mandato dei parlamentari. Una sorta di scivolo compensativo per i parlamentari esodati a fine legislatura. Che ripari - come per i veri esodati - il danno patito con il cambiamento delle regole previdenziali. di Franco Bechis  

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