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Lusi, tutte le prove che sputtanano il Pd

L'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi

Due conti sbugiardano le giustificazioni sui rimborsi dati dall'ex tesoriere di Rutelli. E anche Cicciobello si contraddice

Giulio Bucchi
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  Poche ore prima che scoppiasse lo scandalo sui bilanci della Margherita, ancora poche settimane fa, sul tavolo di Luigi Lusi sono arrivate fatture e scontrini che si riferivano a spese di Francesco Rutelli e di altri suoi collaboratori che con lui erano confluiti nell'Api, fra cui il deputato torinese Gianni Vernetti. Tutte spese relative ai mesi di dicembre 2011 e gennaio 2012. Cioè a cinque anni di distanza dalla decisione della Margherita di terminare la propria attività politica e confluire nel Pd, cosa che avevano fatto sia Rutelli che Vernetti. E a oltre due anni di distanza da quando entrambi avevano fatto un nuovo salto, lasciando il Pd e fondando Api. Evidentemente nella politica italiana chi lascia un partito per un altro fa un affare economico straordinario, perché ogni volta che cambia si porta dietro la cassa del vecchio che si aggiunge a quella del nuovo. Per altro quando un paio di mesi orsono venne fuori che dalla cassa di Lusi erano partiti bonifici verso associazioni e circoli presieduti da Rutelli, il diretto interessato si infuriò e minacciò querele a mezzo mondo. Incauto aggiunse: «Non un centesimo della Margherita è finito all'Api». Quando l'altro giorno la segretaria di Lusi ha portato in procura la sua chiavetta Usb dove erano certificate tutte le uscite dalla Margherita a uno sparuto gruppetto di politici beneficiari, compresi Rutelli e Vernetti, i due si sono messi a strillare insieme ad altri boss del Pd: «Non confondeteci con tutti gli altri! Quelle non sono ruberie, ma spese per attività politica». Certo, non saranno ruberie. Ma fanno rima con quelle anche le bugie. E qui qualche bella bugia sembra girare vorticosamente. Prendiamo Rutelli. Impossibile che siano vere tutte e due le sue affermazioni: «Dalla Margherita all'Api nemmeno un euro», e «sono rimborsi spesa per attività politica», ammissione fatta nelle ultime ore quando sono saltati fuori 926 mila euro pagati nel 2010 e 27.500 euro pagati nel 2012 per Rutelli e pochi altri dei suoi. Siccome tutti loro facevano politica nell'Api, o i soldi della Margherita sono andati a finanziare il nuovo partito, e la bugia era la prima, o Lusi ha pagato loro spese personali, e la bugia sarebbe la seconda (assai più grave). È solo una delle piccole cose che non quadrano in quei rendiconti. Prendiamo le bollette del telefonino di Vernetti relative al bimestre dicembre 2011-gennaio 2012. Ammontano a 7.845 euro. Vale a dire 130 euro al giorno. L'offerta tutto-compreso illimitato dei maggiori gestori telefonici costa 129 euro al mese, comprende 3mila minuti di telefonate in Italia e 200 all'estero. Traffico internet abbondante e compreso. Anche avesse avuto più linee Vernetti, per spendere quella cifra avrebbe dovuto stare al telefono 20 ore al giorno tutti i giorni. La fattura riferita a Rutelli era almeno la metà: 4.191 euro. Più 5.140 euro di telefonate del suo ufficio stampa (personale? dell'Api?) e 4.862 euro per avere la rassegna stampa (su cosa, sugli articoli che riguardavano la Margherita pagante, ma morta da due anni?).  Pare che scendano dal cielo bugie a fiocchi da quando quella collaboratrice di Lusi ha portato in procura le note spese di chi fino a un minuto prima aveva negato di avere mai preso un soldo da Lusi. Otto milioni di euro per altro, non proprio noccioline, tutti divisi fra pochissimi notabili del vecchio partito, mentre dalla spartizione sono stati esclusi dirigenti di primissimo piano che solo in queste ore hanno appreso della munificenza che altri si concedevano strizzando l'occhietto all'ex tesoriere ora divenuto mostro. Il caso delle bollette  telefoniche è di scuola: chi ne ha beneficiato da Lusi poche settimane fa, aveva telefonate in gran parte rimborsate dai contribuenti, perché era parlamentare. E faceva parte di un terzo partito - dopo essere transitato in un secondo - che con la Margherita non c'entrava proprio più nulla e che ha in carico le loro note spese.  Ha ammesso con sincerità di avere preso soldi da Lusi Beppe Fioroni. La somma a lui riferita ora ammonta a 130 mila euro, ma è solo l'ultima tranche delle spese rimborsate. Anche lui dice che si tratta di attività politica, e mica lo possiamo mettere in dubbio: si vede che il Pd non gli rimborsa nemmeno un centesimo e non gli dà un soldo per un solo manifesto. Nei 130 mila euro ci sono però 17 mila euro di telefonate, gli 11 mila euro ormai famosi per le multe prese e ben 16 mila euro di pieni di benzina nel 2010. Fioroni ha spiegato: «Si tratta di attività politica. Tutti sanno che giro in auto in continuazione, e ho fatto 150 mila km quell'anno».  Lo sapranno tutti, ma 150 mila km sono 410 km al giorno per 365 giorni all'anno, comprese domeniche, Natale, Capodanno, Pasqua e ferragosto. Se non è una bugia, si avvicina di molto. Abbiamo controllato le votazioni alla Camera di quell'anno: Fioroni era lì almeno 94 giorni. Visti appuntamenti vari, è stato sicuramente a Roma 114 giorni quell'anno, ed è probabile che sbagliamo per difetto. Significa che tutti gli altri giorni ha percorso in auto 600 km medi. Lui guidava 20 ore al giorno, Vernetti telefonava 20 ore al giorno. Che strani parlamentari, eh? Le fatture di Lusi fanno saltare fuori anche altre incongruenze, se non vere e proprie bugie (che sono ormai il metro con cui rispondono a ogni rivelazione tutti gli ex leader della Margherita pizzicati). Prendiamo Dario Franceschini. Si era ipotizzato un finanziamento della sua sua corsa alle primarie del Pd nel 2010. A febbraio lui e il suo coordinatore hanno negato con sdegno: «Abbiamo speso in tutto 249 mila euro, con entrate tutte derivanti da contributi volontari di singoli parlamentari e cittadini».  Nel libro mastro di Lusi saltano fuori quell'anno 162.230 euro per Franceschini. Naturalmente per attività politica. Difficile capire quale: per buona parte dell'anno Franceschini è stato il segretario del Pd, poi in autunno ci sono state le primarie contro Bersani. Quindi delle due l'una: o Lusi ha pagato il segretario del Pd, o ha finanziato il candidato alle primarie per sfavorire Bersani. Un po' in imbarazzo Franceschini ha trovato la sua terza via, che sembra una barzelletta raccontata assai male: «I soldi di Lusi erano per le primarie. Ma non per pagare le spese mie. Servivano a pagare le spese dei miei che mi appoggiavano». Quindi la bugia erano i 249 mila euro spesi, perché se erano mille in tutta Italia a spendere quella cifra appoggiando Franceschini, il costo delle primarie Pd deve essere ben diverso da come è stato raccontato… di Franco Bechis  

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