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Parola di Travaglio: in Parlamento comanda ancora Berlusconi

Appena assolto per un cavillo per il caso Graziadei va da Lilli Gruber e dice: Monti dipende dal Cavaliere

Eliana Giusto
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Ospite di Otto e mezzo, il programma condotta da Lilli Gruber su  La7 Marco Travaglio lo ha detto a chiare lettere: "Berlusconi comanda ancora in Parlamento". Inutile farsi illusioni sul governo Monti, perché il "Professore dipende dal Cavaliere che ha ancora la maggioranza".  L'assoluzione - Travaglio, che era dalla Gruber ieri sera per presentare il suo ultimo libero BerlusMonti, è stato di fatto assolto, insieme ad Antonio Padellaro de Il Fatto Quotidiano dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma, Giovanni De Donat. Per entrambi il gup aveva stabilito il non luogo a procedere nella querela per diffamazione che era stata presentata dalla giornalista del Tg1, Grazia Graziadei e per associazione dall'allora suo direttore, Augusto Minzolini. È la motivazione del gup a fare di quella sostanziale assoluzione un caso del tutto speciale: perché il giudice aveva riconosciuto e perfino citato dei brani dell'articolo di Travaglio che riteneva «diffamatori» nei confronti della Graziadei. Ma non li ha rinviati a giudizio appellandosi a un cavillo: quegli stessi brani del breve articolo non erano stati citati nella richiesta di rinvio a giudizio scritta dal pm.  Il servizio del Tg1 - Il caso era nato per un servizio del Tg1 che illustrava tutti i costi esorbitanti delle intercettazioni telefoniche effettuate dalle varie procure della Repubblica italiana. Cifre ufficiali - per altro appena ricordate dal nuovo governo di Mario Monti come vera emergenza nel documento sulla spending review - ma che non sono piaciute naturalmente a Travaglio. A commento di quel servizio è apparso infatti il giorno dopo un corsivo sul Fatto Quotidiano dal titolo «Tg1, la Minzolina di complemento», in cui si criticava il servizio e l'autrice con parole pungenti, definendo «truffaldine anche le cifre sulle spese per intercettare». Frase che secondo il gup di Roma era effettivamente diffamatoria: «risulta trascendere il diritto di cronaca e di critica giornalistica e il correlato parametro della cosiddetta continenza in quanto aggettivare come truffaldine informazioni riscontrabili come reali (…), appare una illegittima distorsione del diritto di cronaca e di critica e quindi appare integrare plausibilmente una ipotesi di diffamazione a mezzo stampa ai danni di Graziadei Grazia».  Il cavillo - Dunque il magistrato riconosceva che Travaglio aveva compiuto un reato, e in barba all'obbligatorietà dell'azione penale, lo assolveva perché proprio quella frase non era stata citata ad esempio nella richiesta del pm (che ovviamente allegava l'intero breve articolo citandone ad esempio altri passi). Un po' troppo, davvero. Tanto che dopo alcuni mesi ci ha pensato la suprema Corte di Cassazione, a cui si era rivolto il legale dei giornalisti del Tg1, Fabio Viglione,  a rimettere in carreggiata una vicenda così strampalata. La Cassazione ha tirato le orecchie al giudice così tenero con Travaglio: «effettivamente incorso in un errore di interpretazione del capo di imputazione», facendo notare che il pm aveva ritenuto diffamatorio l'intero articolo, citandone «fra l'altro» alcune frasi. Illegittimo quindi il non luogo a procedere nei confronti di Travaglio e Padellaro, tanto più che il gup stesso aveva individuato passaggi diffamatori dell'articolo. Risultato: il processo riprenderà dall'inizio davanti a un altro giudice. Cui sarà chiesto di essere imparziale anche di fronte a un giornalista beniamino dei magistrati come Travaglio. Perché anche per lui vale il principio della «legge uguale per tutti».

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