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Fini senza vergognadopo lo scandalo-scortava in tv e attacca la casta

Il presidente della Camera a Ballarò dispensa perle di moralità: "I soldi pubblici vanno usati per fini pubblici". E litiga con Formigoni

Matteo Legnani
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Sono passate appena poche settimane dall'ennesino scandalo estivo che ha coinvolto Gianfranco Fini: quello delle spese faraoniche per tenere la sua scorta in un albergo di Orbetello. Ma martedì sera il presidente della Camera ha avuto l'ardire di presentarsi nel salotto televisivo di Ballarò a impartire lezioni di moralità politica urbis et orbis. Con perle del tipo "I soldi pubblici vanno usati per fini pubblici" (chissà che per "fini" non si riferisse a se stesso). O ancora, "dobbiamo preoccuparci di dare l'esempio, perché altrimenti...", che detto da uno coinvolto nello scandalo della casa di Montecarlo, con tanto di casa svenduta al cognato Tulliani... Un bel rimbrotto alla casta da uno che sta in parlamento dai primi anni '80 e al quale i contribuenti italiani hanno pagato milioni di euro di stipendi. Battibecco con Formigoni - Suo "oppositore" sull'altro fronte del salotto era il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, per inciso la Regione meglio amministrata, coi conti più a posto e coi costi della poltica più bassi dell'Italia intera. I due si sono beccati non poco: "E' nelle regioni che ci sono i maggiori sprechi", ha attaccato Fini. Siparietti gustosi, con Gianfranco che si è trovato addirittura, lui leader di Futuro e Libertà ed ex Msi e An, a difendere il postcomunista Nichi Vendola, governatore indagato della Puglia. Formigoni lo punzecchia e lui scende al livello rasoterra della polemica politica: "Stai tranquillo, che poi ti chiama Berlusconi e ti dice 'bravo Formigoni'". Replica: "Forse faceva così con te, e quando ha smesso te ne sei andato". Roba da lite alle elementari. In fondo, nello spettacolo deprimente del salotto della Seconda repubblica al tramonto, a colpire nel segno è proprio una frase di Formigoni: "Parli così perché devi rifarti una verginità politica". Parole buttate lì, cui Fini non ribatte.

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