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Olivetti, Alitalia, Ilva: i flop del manager che non sa fare il ministro

Su Pubblico tutti i fallimenti del titolare dello Sviluppo che non ha risolto nemmeno una delle vertenze sindacali. E da privato ha lasciato sul campo migliaia di esuberi e cassintegrati

Giulio Bucchi
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  Alcoa, Vinyls, Agile, Eutelia, Ilva. Cinque vertenze sindacali, cinque emergenze italiane. Da mesi, se non da anni, finiscono sui tavoli dei ministri. Quest'anno sono tutte esplose. Sfortuna di Corrado Passera, da 9 mesi c'è lui allo Sviluppo e a lui toccano le patate bollenti di scioperi, proteste, sit in, cortei. Ma il ministro ex Olivetti (bizzarrie del destino, altra azienda in grave crisi) oltra alla parola magica "tavolo" nulla ha ottenuto. Avesse concretizzato tutti i "tavoli" annunciati, almeno avrebbe risolto i guai alla categoria dei falegnami. E invece niente, neppure quello. Qualche parola qua, qualche intervista qua, un po' di ottimismo. Ma per il resto la crisi resta, e anzi si aggrava. E Passera che non ha risolto nessuna di quelle vertenze. E neppure ci è andato vicino. A pettinare per bene il successore di Claudio Scajola e Paolo Romani è stato Michele Azzu su Pubblico, il nuovo quotidiano di Luca Telese. Doveva essere il superministro, l'alter ego del premier Mario Monti, ma oltre ai primi botti (presto svaniti) del decreto liberalizzazioni Passera non è andato. Alcoa? "Una situazione quasi impossibile data la difficoltà a trovare investitori disposti a portare avanti il progetto", tanto per citare un suo commento. E sì che tra Olivetti, Omnitel, Poste italiane e Bancha Intesa, lui di fusioni, ristrutturazioni e nuove vie se ne intende, anche se - ricorda Azzu - al modico costo di 40.000 lavoratori in esubero nell'arco di 16 anni, tra 1992 e 2008. Le strategie preferite dal Passera top manager erano quelle dei pensionamenti e delle ricollocazioni e il simbolo è un po' la depressa Ivrea di oggi, sede storica della Olivetti diventata un'azienda pallida erede di quella che fu il colosso dell'informatica non solo italiano. Pubblico riporta i commenti amareggiati dei dipendenti del gruppo, in cassa integrazione anche per effetto delle decisioni di Passera tra 1992 e 1996, anni che produssero 1.000 cassintegrati, 3.000 in mobilità e 1.000 trasferiti alla pubblica amministrazione. Passato a Poste, compie il miracolo rinnovando il carrozzone statale, sempre al prezzo di 20.000 esuberi. Poi, dal 2002 al 2011, l'avventura in Banca Intesa. Fusione con la Sanpaolo e, a contorno, altri 10.000 esuberi. Il non ancora ministro mette lo zampino anche nel salvataggio di Alitalia, nel 2009, facendo parte del gruppo di investitori privati che rileva la compagnia aerea insieme ad Air One: 6.000 esuberi su 20.000 dipendenti totali, 7 anni di stipendio garantito tra 4 di cassa integrazione e 3 di mobilità. Molti di loro, con la riforma delle pensioni messa a punto dalla collega di Passera Elsa Fornero, diventeranno esodati. Un problema che per ora non riguarda gli operai di Alcoa, Vinyls, Agile, Eutelia, Ilva, Olivetti. Loro rischiano semmai di perdere il lavoro tout court.  

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