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Berlusconi se ne va in Kenya e Casini gli scippa il Pdl

Mentre il Cav si prende un break da Briatore, Pier tenta l'assalto: decine di azzurri pronti a saltare nell'Udc

Giulio Bucchi
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  di Salvatore Dama Mentre Silvio Berlusconi è via, ecco che parte l'opa sul suo partito. Con Pier Ferdinando Casini che apre a una possibile lista comune dei moderati con Angelino Alfano. E Luca Cordero di Montezemolo, che stavolta è lì lì per sciogliere la riserva. Entrambe le disponibilità a dialogare hanno un presupposto comune: che il Cavaliere si faccia da parte.  Queste pressioni esterne su un partito malconcio, quale è il Popolo della libertà, fanno ancora più breccia. Tra gli azzurri sono molti quelli stufi di stare dietro all'ex presidente del Consiglio e alla sua strategia a fasatura variabile. Ieri Silvio, dalle sue vacanze a Malindi, in Kenya, ha dettato un comunicato per smentire la smentita. Non è vero che ha cambiato idea sul governo Monti, rimane valida l'intemerata di Villa Gernetto, quando l'ex premier ha minacciato di togliere la fiducia ai professori se continuano con politiche che mortificano la crescita. «Nessuna contraddizione», spiega una nota diramata da Palazzo Grazioli, Berlusconi «dice che non farà campagna elettorale contro il professor Monti, intende giustamente non personalizzare, come mai ha fatto in passato, la prossima scadenza elettorale, ma porre all'attenzione degli elettori tutta quanta la strategia economica del governo dei tecnici». Silvio ha sempre vincolato il suo sostegno  alla disponibilità di Monti a cambiare la legge di stabilità. Indigesta per il Pdl, nella formulazione ideata dai professori. È la tesi esposta a Villa Gernetto, quella affidata al nuovo libro di Bruno Vespa e asserita, molto prima ancora, durante una conferenza stampa fatta con Renato Brunetta. Dunque, Silvio si domanda: «Dov'è il dietrofront?».  Ma il Cavaliere dell'altro ieri, agli occhi del partito, era meglio di quello di ieri. «E chissà come sarà quello di domani», si domandano a via dell'Umiltà, demoralizzati e affaticati nel dover ricorrere quotidianamente lo slalom berlusconiano. La divaricazione è sempre più netta: Angelino Alfano e i dirigenti che provano a rilanciare con le primarie  un partito asfittivo e a difendere l'opzione filogovernativa decisa un anno fa; Berlusconi e il “cerchio magico” dei fedelissimi che lavorano a tutt'altro progetto.  Logico che la prima fazione sia molto sensibile alle suggestioni esterne. Una lista con Casini e Montezemolo per pensionare Silvio: «Magari», sospirano. Pier Ferdinando fa sognare l'ala moderata dei pidiellini: «Il terreno comune d'intesa tra me e Alfano è duplice: più labile il riferimento internazionale del Partito popolare europeo, più stringente quello interno del governo Monti». Ma Casini vuole in dote la testa del Cavaliere: «Berlusconi non solo ha il problema di perdere voti, ma anche quello che nessuno vuole allearsi con lui. Non noi, non gli esponenti della società civile che vogliono entrare in politica». L'invito rivolto agli azzurri, a defenestrare il leader, è palese. Se poi al menù di giornata si aggiunge anche l'uscita di Montezemolo, sempre affidata a Vespa, allora la tentazione è doppia: «Bisogna portare una grande ventata di aria fresca proveniente dalla società civile per rigenerare la politica. O adesso o mai più».   Raccontano di decine di parlamentari del Pdl pronti alla fuga appena uno dei due - Casini e Montezemolo - dovesse muovere un passo. Peggio per loro, fa spallucce  Berlusconi: «Tanto è gente che comunque non avrei ricandidato». Il recruiting di Silvio si svolge fuori dal Palazzo.  Gente nuova. E neanche l'ostracismo di Pier Ferdinando e Luca Cordero lo demoralizza. Semmai lo carica di motivazioni. Lo più rende combattivo.  

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