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Per tenersi Monti, Napolitano ingrassa la Casta

Gianluigi Paragone

Invece di far pressione sulle Camere per dare un taglio agli sprechi, il Colle si è battuto solo per il «bis» del premier: e la gente si butta sul voto di protesta

Andrea Tempestini
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di Gianluigi Paragone Spero di sbagliarmi ma temo che ci sia una parola che ora faccia una paura boia: elezioni. Purtroppo il calendario obbliga ad aprire le urne il prossimo anno, non fosse altro  perché scade la legislatura e non se ne può fare a meno. Altrimenti non pochi illuminati zomperebbero direttamente alla casella successiva, ovvero un'altra legislatura tecnica o meglio tecnocratica. L'impiccio però è grosso: le urne prima o poi si devono aprire. È una vecchia regola della democrazia, con buona pace per la tecnocrazia. A urne aperte può così accadere di tutto. In Sicilia, per esempio, è accaduto che un partito nuovo, il Movimento 5 Stelle, si è imposto con una potenza di fuoco impressionante. Un altro partito - quello dei non votanti - si è ingrossato sfuggendo alle previsioni, oppure centrandone delle altre (c'è infatti chi sostiene che dentro questo alto dato dell'astensionismo vi sia la «manona» della mafia che ha congelato il suo notevole pacchetto di consensi. Può darsi che entrambe le considerazioni abbiano del vero). Così il centrosinistra s'è ritrovato a guidare la Regione con un consenso che è il minimo sufficiente per tirare a campare. Beppe fa paura - Se dunque lo scenario è questo, capite bene quanta paura abbiano i signori del Palazzo. Grillo gira col vento in poppa, i suoi consensi possono solo crescere. Contro di lui c'è il potere invisibile della tecnocrazia guidata da Napolitano-Monti, per i quali il voto sembra essere quasi una scocciatura da gestire. Lo è per Mario Monti, il quale giusto l'altro giorno è arrivato a sostenere che, nonostante il peso dei sacrifici, il suo governo verrebbe «rieletto» dal popolo. Forse «rieletto» non è il verbo azzeccato, visto che nessuno lo ha eletto una prima volta e forse nessuno lo potrebbe eleggere una… seconda. Anche perché  Monti finora ha sempre respinto ogni ipotesi di candidatura. Tira e molla di Giorgio - Alla confusione del premier fa il paio il furbo tira e molla del Capo dello Stato; Napolitano un giorno apre alle elezioni anticipate, un altro chiude. Quale sia la vera posta in gioco è semplice: si scrive legge elettorale, si legge (perdonate il bisticcio di parole) premio di maggioranza. L'obiettivo del nostro presidente della Repubblica è quello di rifare un governo montiano, un governo cioè dove nessuno disturbi i poteri dominanti. Un governo che dialoghi con i signori della globalizzazione, un governo che sia prono all'Europa dei mercati, un governo più sensibile all'economia finanziaria-speculativa piuttosto che all'economia dove il Pil si produce col lavoro vero. Monti e Napolitano hanno rassicurato, in questi mesi di governo, i mercati a costo di anestetizzare il dibattito politico oppure ammorbandolo con parole ormai vuote come «antipolitica» e «populismo» viste come un pericolo.  Vuote promesse - Sarebbe bastato davvero poco a Napolitano per spegnere con una secchiata d'acqua il fuoco del malcontento: sarebbe bastato, con la sua moral suasion (quella che ha portato Monti al governo senza che nessuno fiatasse!), costringere Fini e Schifani a imporre un'agenda parlamentare finalizzata al taglio dei parlamentari e al taglio dei costi della politica. Invece, nulla di tutto questo si è concretizzato. Solo grandi promesse. Anzi, c'è pure il forte rischio di veder aumentare le spese inutili evitando - come rischia di essere dopo le dichiarazioni del Colle - di accorpare politiche e regionali con l'election day. Cosa si nasconde dietro la rigidità di Napolitano? Come detto, il premio di maggioranza. Senza perdersi troppo nelle tecnicalità qui basta dire che l'obiettivo è non far vincere uno schieramento piuttosto che un altro, ma creare le condizioni per formare nuovamente un governo telecomandato dall'Europa e dai mercati. Cioè da quei due soggetti invisibili e in deficit di democrazia che invece stano generando rabbia e malcontento.  Trema il palazzo - La rabbia dei cittadini verso Monti, verso l'Europa dei mercati e verso la finanza spaccona delle avventure speculative non è antipolitica né il grido populista di pochi: rischia di diventare una nuova maggioranza dialettica. Su Beppe Grillo convergono molte di queste simpatie; ma non è l'unico contenitore possibile. Con queste nuove voci e con queste nuove istanze politiche (altro che antipolitica…) i Palazzi incartapecoriti dovranno fare i conti. I trucchetti della vecchia politica hanno il respiro corto: nuove informazioni stanno girando a prescindere da quello che i media dicono e scrivono. Girano e passano di bocca in bocca. Qualcuno le ha già tradotte in voto nuovo. Altri potrebbero farlo. Napolitano ne prenda coscienza. Quanto a Monti, se vuole governare il Paese si misuri con la democrazia. Di un premier più avvezzo a frequentare Bilderberg, Trilateral e mercati e poco incline a guardare coi propri occhi il fantastico mondo delle aziende reali, francamente non sappiamo che farcene.  

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