Regole ferree

Le primarie Pd sono una farsa"Ecco come ho votato tre volte"

Eliana Giusto

di Luciano Capone Le primarie sono state una grande festa di  partecipazione democratica. Noi di Libero ad esempio abbiamo votato  tre volte di fila, due a Milano (stessa sezione) e una a Monza, sempre democraticamente. Non abbiamo corrotto nessuno, né abbiamo falsificato documenti. Secondo il regolamento del Pd, ogni studente o lavoratore fuori sede doveva inviare, entro le 19 di venerdì 23 novembre, una e-mail al coordinamento provinciale della zona ove intendeva votare. I coordinatori avrebbero avvisato del cambio i colleghi della provincia di residenza e,  infine, indicato all’elettore la nuova sezione in modo da evitare falle utili a chi avesse voluto alterare la gara. E invece no.  Venerdì abbiamo scritto una mail al coordinamento di Milano e una a quello di Monza, dichiarando in entrambi i messaggi di voler votare come fuori sede (quali irpini momentaneamente a Milano/Monza). Dopo pochi minuti rispondono i brianzoli: «Lei voterà al seggio 1, in via Lecco 12». Il giorno seguente ecco Milano: «Voterà  al seggio  di via Borgogna 3, senza bisogno della tessera elettorale». In realtà non abbiamo avuto bisogno neppure dei documenti. Domenica mattina, primo seggio: Milano via Borgogna. I volontari spulciano l’elenco dei fuori sede iscritti, spuntano il nome e, senza chiedere la carta d’identità, ci fanno sottoscrivere l’appello «ItaliaBeneComune», versare i due euro di contributo e ci consegnano la scheda. Tutto in cinque minuti. Circa un’ora dopo siamo a Monza. Al seggio nessuno ha l’elenco dei  fuori sede  pre-iscritti e ammessi al voto. Ci basta dare nome e cognome, compilare il modulo, sottoscrivere l’appello, sganciare altri due euro e votare. Anche in questo caso senza bisogno di mostrare  documento di identità o certificato elettorale.  Dopo aver fatto il bis, leggiamo su Twitter che a Milano fanno votare anche i fuori sede che non si erano pre-iscritti. Apperò. La regola è sparita e gli elenchi pure: l’occasione è ghiotta. In serata, senza nemmeno dover  togliere gli occhiali o cambiare pettinatura, ci ripresentiamo al seggio di via Borgogna. La scena è surreale: code di ragazzi che chiedono di votare, fogli e moduli che passano di mano in mano senza essere  compilati e iscrizioni, come sempre, senza documenti. L’unica regola su cui non si transige sono i due euro di obolo. Dopo aver pagato ci consegnano la scheda, che imbuchiamo per la terza volta in poche ore. È tarda sera, non c’è tempo per piazzare la quarta crocetta. E non finisce qui.   Ora il problema è che la macchina delle primarie non può più tappare la falla dei voti multipli in vista del secondo turno: chi ha votato ha già la tessera (o le tessere) per il ballottaggio e potrà votare (o stravotare) in tutte le sezioni d’Italia.  Il tema solleva diversi quesiti agli organizzatori: se questo è ciò che è avvenuto a Milano e Monza, dove le sezioni erano piene di rappresentanti di lista, cosa può essere accaduto laddove erano in pochi a presidiare i seggi? Cosa è potuto succedere nelle zone da cui, per tutta la nottata, non sono arrivati i dati dello spoglio? Se nel nostro caso tutto è avvenuto senza coinvolgimento di altre persone, chi avrebbe potuto controllare organizzatori di seggi interessati a gonfiare i voti? Riuscite, cari organizzatori delle primarie, a quantificare il numero dei voti multipli? Facciamo noi una proposta: se vi portiamo indietro le schede, ci restituite i soldi? È un affare: con soli due euro potete rottamare un voto multiplo.