La trattativa

Riforma del Senato, Matteo Renzi apre agli ostruzionisti di Pd e Sel: "Si può rinviare a settembre". E l'Italicum può cambiare

Giulio Bucchi

Matteo lo spaccone alla fine, pur di non farsi male, si è ammorbidito: sulla riforma del Senato slitterà tutto a settembre, come emerso dalla discussione a Palazzo Madama con il "via libera" del ribelle Vannino Chiti. La lettera che Matteo Renzi ha inviato ai senatori contrari alla riforma del Senato è stato un primo chiaro segnale, per due motivi: innanzitutto, il premier ha deciso di mettere da parte, almeno formalmente, la strada del muro contro muro cercando il dialogo con la Sel, 5 Stelle e minoranza Pd. Dall'altra perché mette nero su bianco alcune possibili modifiche alla legge elettorale. Un do ut des che potrebbe consolare i senatori sul piede di guerra e soprattutto la sinistra più riottosa, e dall'altro far portare a casa il risultato grosso del nuovo Senato. Certo, si tratterà poi di vedere la reazione di Forza Italia, con Silvio Berlusconi che peraltro dovuto rinviare il faccia a faccia con il premier per problemi di salute.  "Sì al rinvio al settembre" - "Se vogliono una settimana in più gliela diamo, voglio portare a casa il risultato, non segnare il punto", ha confidato Renzi ai suoi, secondo quanto riporta Repubblica. Il premier prova a rovesciare la frittata, facendo passare questa dilazione come un aiuto fatto agli ostruzionisti (soprattutto di Pd e Sel) per farli uscire dal "cul de sac". L'obiettivo del governo è far ritirare la stragrande maggioranza degli 8.000 emendamenti presentati a Palazzo Madama, un ingorgo che rischia seriamente di rendere impossibile l'approvazione finale della riforma per l'8 agosto. La proposta di Renzi è la seguente: tagliare gli emendamenti, riducendoli a un numero congruo (al massimo duecento) e avere la certezza che tra 10 giorni ci sarà l'ok perlomeno alla norma fondamentale della riforma, quella sul Senato non elettivo. Senato in cambio dell'Italicum - Tutto il resto può essere rinviato a settembre, come segnale distensivo. Perché poi dopo le ferie ci sarà da far passare sempre al Senato la riforma elettorale, e Renzi ha già detto di essere pronto in quel caso ad aprire ad eventuali modifiche su immunità, grandi elettori del presidente della Repubblica, numero di firme necessarie per presentare un referendum (secondo la riforma sarebbero 800mila, Sel e 5 Stelle vorrebbero tornare alle attuali 500mila) e soglie di sbarramento e premi di maggioranza. La domanda a quel punto sarebbe una sola: cosa farebbe il Cavaliere?