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Matteo Renzi, tutte le fregature del Rottamatore: a Silvio Berlusconi è toccata la sorte di Enrico Letta e Massimo D'Alema

Andrea Tempestini
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Non sai come né quando né perché. Sai solo che succederà. Se hai a che fare con Matteo Renzi, la certezza è una e una sola: presto o tardi ti tirerà il pacco. È più forte di lui: può avere preso tutti gli impegni solenni di questo mondo, ma alla prima occasione utile non saprà resistere e scodellerà la fregatura. Non a caso, è proprio da un bidone che origina il salto di qualità nella carriera del rottamatore. Settembre 2008, primarie del centrosinistra per il candidato sindaco di Firenze: l'occasione di una vita per Lapo Pistelli, responsabile Esteri del Pd che per Palazzo Vecchio studia da anni. Senonché spunta il competitor: tale Renzi Matteo, giovane e promettente presidente della Provincia. Soprattutto, ex braccio destro di Pistelli e suo assistente per anni. Il quale non ha problemi a fare carne di porco del sogno di una vita del già mentore: gli si candida contro e lo asfalta in malo modo. Fuori uno. A conferma della straordinaria precocità del nostro, interviene poi la raffinatissima fregatura in qualità di segretario di partito prima ancora di diventarlo. Aprile 2013, la macelleria dei candidati dem al Quirinale ha già fagocitato Franco Marini quando si fa il turno di Prodi. Cui Renzi - formalmente ancora semplice sindaco di Firenze - fa subito sapere in giro di essere favorevolissimo al punto che da più parti si ipotizza una sorta di messa di cappello preventiva da parte del giovane leader sull'elezione dell'anziano statista. Finisce malissimo, col Professore affondato dai famosi 101 franchi tiratori nelle file dei quali - si sostiene ancora oggi nella minoranza del Pd - brulicavano renziani ansiosi di azzoppare l'arcinemico Pier Luigi Bersani mediante impallinamento prodiano. L'operazione riesce: Bersani paga lo smacco con le dimissioni e Renzi si prende il partito. Una volta segretario, si pone il problema della coabitazione con Enrico Letta nel frattempo diventato inquilino di Palazzo Chigi. Ai timori del premier che ha nasato la manovra ostile, Renzi risponde con una salva di salamelecchi e promesse di amicizia e lealtà, culminanti nell'ormai celebre «Enrico, stai sereno», che non a caso da quel giorno è diventato sinonimo di raggiro in arrivo. E a buon diritto: pochi giorni dopo la fatale rassicurazione, Renzi fa votare al Pd lo sfratto di Letta e si insedia a Palazzo Chigi. Da dove continua a turlupinare come se non ci fosse un domani. Ne sanno qualcosa Franco Frattini (candidato alla Nato da Monti, sostenuto da Letta, abbandonato al proprio destino da Renzi), Massimo D'Alema (illuso per settimane col miraggio di una nomina alla Commissione europea), Mario Mauro (giubilato prima da ministro e poi persino da membro di commissione) e Maria Carmela Lanzetta (convinta a dimettersi da ministro per andare a fare l'assessore in Calabria e poi rimasta in mezzo al guado). Fino a questi giorni e alla nuova corsa per il Quirinale. Il tempo per dare una botta di sale alle ferite di Prodi (nuovamente illuso circa la propria papabilità e nuovamente buggerato) ed è subito operazione Mattarella, con lo strepitoso uno-due di Berlusconi e Alfano fregati all'unisono. Matteo Renzi, un uomo sòla al comando. di Marco Gorra

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