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Roma, la suggestione di Enrico Mentana: Massimo D'Alema candidato Pd?

Andrea Tempestini
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"Io a Roma candiderei Massimo D'Alema". Così il senatore Stefano Esposito, braccio destro di Matteo Orfini nonché ex assessore ai Trasporti della giunta Marino, in un colloquio con Il Foglio. E ancora: "Un partito esiste se ha un vero gruppo dirigente. Ma un vero gruppo dirigente ce l'hai solo se lo responsabilizzi. Dunque - continua Esposito - uno può affidarsi anche al Profumo o al prefetto di turno, certo. Ma attenzione. Di Marino in Marino, di Profumo in Profumo, di prefetto in prefetto, del Pd alla fine cosa resta?". Un appello chiaro e tondo, quello di Esposito. Un appello che stuzzica Enrico Mentana, interpellato nello stesso articolo a firma di Salvatore Merlo. Il direttore del TgLa7 fa il punto della situazione e spiega: "È come se Renzi, che è il segretario del Pd, dicesse: Guardate, io non mi fido del Pd. Non mi fido dei miei politici". Dunque Mitraglietta mostra di avere qualche idea in più: "A Torino, dov'è obbligato, Renzi sceglie un politico, cioè Piero Fassino, che è il sindaco uscente che ha ben governato. Ma dove può scegliere - continua Mentana -, come a Roma, o come a Milano, dà invece l'idea di considerare il suo partito alla stregua di una foglia morta. Che il nome sia Sabella, Gabrielli, Marhini o chi altro, non è uno dei suoi". Secondo Mitraglietta, insomma, le elezioni a Roma "sono un punto di svolta, un tornante per Renzi. O la definitiva rottamazione del partito che lui ha scalato, o il suo rilancio con la scelta di un candidato politico. Puntare su D'Alema, o su Nicola Zingaretti, non sarebbe una scelta bislacca. Come non sarebbe bislacco candidare Enrico Letta, se solo non ci fossero quei precedenti tra lui e Renzi". Quello di Mentana, insomma, si colloca a metà tra un consiglio e una suggestione: il Pd, a Roma, potrebbe davvero puntare su Baffino D'Alema. Il più improbabile dei ritorni (nel nome di un'ipotetica pax nel partito).

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