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Senato più forcaiolo che mai:nella guerra con le togheora Berlusconi rischia...

Silvio Berlusconi

La pattuglia 5 Stelle e il Pd superano di 19 voti l'asticella della maggioranza assoluta: il Parlamento più manettaro della storia. Vogliono consegnare il Cav alla magistratura

Andrea Tempestini
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di Marco Gorra Che quello della XVII legislatura fosse destinato ad essere il Parlamento più manettaro della storia repubblicana lo si era intuito. Che - per il combinato disposto di responso delle urne e timing della magistratura - rischi di farne le spese nientemeno che Silvio Berlusconi, tuttavia è elemento che colpisce.    La considerazione di partenza è banale come tutte le somme algebriche: nell'aula di Palazzo Madama, centrosinistra più Movimento 5 stelle fa 177 voti, 19 in più della famigerata asticella della maggioranza assoluta. Questo significa che, qualora nell'emiciclo del Senato arrivi qualsiasi cosa che sta bene ad entrambi gli schieramenti, i numeri per approvarla a forza ci sono. E cosa a questo mondo può unire sinistra e grillini se non il richiamo della foresta forcaiola, per di più a carico del Caimano? Che i 54 voti grillini siano ascrivibili in solido al partito dei mozzorecchi è assodato. Della Weltanschauung a cinque stelle giustizia esemplare e odio per la casta partitocratica sono i due pilastri irrinunciabili: logico che, quando i due campi si incrociano, si proceda col pilota automatico. Meno granitico, semmai, potrebbe rivelarsi l'atteggiamento dei 123 senatori della coalizione Italia Bene Comune. Qui convivono sensibilità le più disparate (specialmente in tema di giustizia), e nel segreto dell'urna a decidere secondo coscienza e quindi contro le direttive del quartier generale (le quali, in caso di votazione su qualsivoglia traversia giudiziaria di Berlusconi, non potrebbero che essere di consegnare il Cav alla magistratura) potrebbero essere in parecchi, forse persino la ventina necessaria a ribaltare l'eventuale pallottoliere. Di incognite, però, ne restano altre. Come l'atteggiamento della Lega Nord. I padani, certo, sono coalizzati col Pdl e pertanto dovrebbero avere tutto l'interesse a tenere il leader del principale partito alleato lontano dalle grinfie dei giudici. Eppure la storia recente insegna come nell'ultimo periodo i leghisti abbiano sviluppato sul tema una condotta vagamente ondivaga. Specie se i segnali di disaffezione dell'elettorato padano duro&puro dovessero continuare a creare grattacapi allo stato maggiore del Carroccio, conseguenze che avrebbero del clamoroso non potrebbero essere escluse a priori ed i diciassette voti della Lega prendere destinazioni impreviste. Stesso discorso vale per i diciotto senatori dell'area montiana. Qui, specie nella componente politica, uno straccio di cromosoma garantista ci sarebbe pure, e però ci sono altri fattori che potrebbero prendere il sopravvento, principalmente di natura politica: un Pd costretto dalle crisi di coscienza delle proprie colombe ad andare e caccia di una sporca dozzina di voti ingabbia-Cav di certo porterebbe eterna e tangibile riconoscenza a quelle forze politiche che dovessero arrivare in soccorso.

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