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Renzi, Letta, Gelmini, Meloni, Montezemolo: i nomi del futuro governissimo

Bipartisan, "giovane", senza big di partito: è la grossa coalizione. Ai democratici premier e Giustizia, di centrodestra vice e Difesa

Giulio Bucchi
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di Paolo Emilio Russo A domanda chiara, difficile che il politico risponda. «Vediamo», «c'è tempo», «no a pastrocchi», dicono. Ma dentro il Pdl e il Pd sono tutti convinti che c'è solo un modo per sopravvivere al terremoto del sistema politico ed è quello di tirar fuori il meglio ed esprimerlo in un governo tutto nuovo. Mentre i leader proseguono attaccandosi l'un l'altro, alternano attacchi ad abboccamenti, le diplomazie sono al lavoro. Ci sono telefonate, email, foglietti. Gianni Letta per il Cavaliere, Enrico Letta per il segretario Pd, Roberto Reggi per Matteo Renzi, Enzo Moavero per Mario Monti sono in costante contatto tra di loro e con la Presidenza della Repubblica. Il Colle ha  fatto sapere  che non si potrà ri-votare subito, che i partiti in Parlamento dovranno costruire una maggioranza e, su quella base, dare un governo al Paese. Poco importa se sarà «di transizione», «costituente», «di scopo»: un esecutivo ci sarà e, inevitabilmente, dovrà essere di tutti. Le variabili sono ancora molte, ma, certo, è iniziato il gioco dei veti incrociati e dei desiderata dei partiti.  Pier Luigi Bersani non potrà essere il premier di un governo «bipartisan». Questa decisione ovviamente mette fuori da tutti i ruoli anche Silvio Berlusconi e Mario Monti, per il quale si profila un incarico istituzionale. Adesso tocca ai secondi, ad un'altra generazione di politici. La guida del governo, stanti i numeri alla Camera dei deputati, spetta al Pd. Il sogno proibito di tre quarti dei democrat e di quasi tutto il Pdl è che venga indicato premier Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze, reclamato sul web, lanciato in quel ruolo dal sindaco di Bologna Virginio Merola, viene sconsigliato di buttarsi in questa avventura. Ma da giorni l'ex sfidante di Bersani lancia segnali chiarissimi: «Abbiamo perso. Ora sfidiamo Beppe Grillo, scriviamo un programma chiaro, breve, riformatore; ci voterà». Il Cavaliere, spaventato dai risultati del M5s, non è contrario ad una soluzione di questo tipo e si dice convinto che potrebbe far riguadagnare terreno «alla politica». Già in campagna elettorale aveva ammesso di essere un fan del golden boy pd, di considerarlo l'avversario più temibile: meglio essergli alleato che trovarselo contro alle urne. Renzi, dal canto suo, aveva provato a scardinare il vecchio schema berlusconismo-antiberlusconismo che, come ora è evidente a tutti, avvantaggia nelle urne il centrodestra. I consiglieri più fidati del ”rottamatore” come Reggi gli consigliano prudenza, ma non hanno detto no alla trattativa: con un programma e una composizione fortemente innovativa, il prossimo governo potrebbe diventare «storico», promuovere la nascita della Terza Repubblica. Se il sindaco dovesse tirarsi indietro, scegliere di aspettare il prossimo giro, il segretario Pd potrebbe proporre al Colle Fabrizio Barca, ministro uscente, tecnico d' “area”. Ma questa ipotesi piace meno al Pdl. Gli azzurri gli preferirebbero Corrado Passera.  Se il prossimo premier dovesse essere Renzi, il Pdl avrebbe diritto al vicepremier. Il Cavaliere vuole rinnovare profondamente la sua squadra, lasciando in campo soltanto giovani, meglio se donne. Candidato naturale è Angelino Alfano, segretario del Pdl, magari con delega agli Interni, ma l'ex Guardasigilli preferirebbe rimanere alla guida del partito. Per questa ragione si sarebbe ragionato sulla “promozione” di Mariastella Gelmini, ex ministro dell'Istruzione, reduce da un successo elettorale in Lombardia. La sua riforma dell'Università, del resto, è stata uno dei pochi provvedimenti del governo Berlusconi approvati col voto del centrosinistra. Frustrata l'ambizione di Massimo D'Alema, il ministro degli Affari esteri potrebbe andare a Luca Cordero di Montezemolo. Tra gli ispiratori della Lista di Mario Monti, ha dalla sua un sistema di rapporti preziosissimo: non solo Ferrari è il marchio italiano più famoso al mondo, ma, grazie a Fiat-Chrysler, vanta legami con Obama. Montezemolo, inoltre, non si è candidato alle elezioni, avendo preferito ad un seggio il ruolo di “padre nobile”. Il premier uscente avrebbe in questo modo un suo uomo alla Farnesina e potrebbe accontentarsi di un ruolo di garanzia come quello di Presidente del Senato. Quest'ultimo posto era stato promesso ad Anna Finocchiaro, che, in cambio, potrebbe conquistare il Viminale. Pedina delicatissima il ministro della Giustizia. I democratici non sopporterebbero di metterci un pidiellino, ma il Cavaliere non vuole una persona ostile. Per questa ragione sarebbe stata sondata la disponibilità di Enrico Letta, vicesegretario Pd, «avversario» considerato leale. L'Economia e le Finanze andrebbero ad un altro pd, Fabrizio Barca. Il Pdl prenota invece l'economia reale, cioè lo Sviluppo Economico, con Bernabò Bocca, neo eletto al Senato, ex presidente di Federalberghi.  Il centrodestra prenderebbe  la Difesa. Il dicastero delle Forze Armate potrebbe andare - per la prima volta - ad una donna,  Giorgia Meloni. Fondatrice di Fratelli D'Italia, già ministro della Gioventù, una donna a capo dell'esercito sarebbe certamente una novità. Sul Welfare ci sono pochi dubbi: seppur più “maturo” degli altri candidati, in caso di governo bipartisan, quel posto spetterebbe a Pietro Ichino. È  senatore della Lista Monti dopo una vita trascorsa nel Pci. Sempre montiano, new entry in Parlamento pure lui, Andrea Romano: ex Italia Futura, docente universitario, avrebbe prenotato i Beni Culturali. Uno per partito anche il ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca e quello della Salute. Fuori dai giochi Rosy Bindi, andrebbero rispettivamente ad Ignazio Marino (Pd) e Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera uscente, Pdl, che si è sempre interessato di scuola. Affari Regionali e Rapporti col Parlamento potrebbero andare a due donne: Alessandra Moretti, già amministratore locale, fedelissima del segretario Pd, e Beatrice Lorenzin, parlamentare uscente che il Cavaliere avrebbe voluto candidata governatore del Lazio, molto attiva nella scorsa legislatura in commissione Affari costituzionali, Pdl. Fuorisacco, le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: il nome che piace a tutti è quello di Oscar Farinetti, imprenditore del settore. Nessun esponente di Sel,  nemmeno un grillino. Perché il piano prevede, come annunciato da Massimo D'Alema, che il M5s si prenda la presidenza della Camera, magari con la giovanissima Marta Grande.

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