Predicano bene, razzolano male

Rimborsi elettorali, dal 1994 al 2008 cresciuti di 10 volte

Giulio Bucchi

  A parole, tutti i partit sono d'accordo con Beppe Grillo: bisogna eliminare i rimborsi elettorali. Gli ultimi in ordine di tempo lusingare i proclami anti-casta del Movimento 5 Stelle sono stati Pierluigi Bersani e Matteo Renzi, anche perché il Pd non ha ancora rinunciato all'idea di governare insieme al buon Grillo. E per la verità, anche il governo di Monti nel 2012 quei soldi li ha tagliati in maniera sostanziosa, basta guardare quanti ne hanno incassati i partiti entrati in parlamento una settimana fa. Il problema è che non è ancora sufficiente. Secondo i calcoli dell'Ansa, i 159 milioni di euro piovuti a pioggia nell'ultima tornata elettorale sono circa la metà delle precedenti politiche, mentre la media di rimborsi all'anno, considerando tutte le elezioni, è di circa 200 milioni. Più che rimborsi, dunque, un vero e proprio finanziamento pubblico. Anche se un referendum di 20 anni fa, il finanziamento pubblico ai partiti, lo aveva eliminato a furor di popolo: 90,3% di sì.   Furbate a colpi di legge - E allora? Allora successe che la legge 515 del 10 dicembre 1993 fece uscire il finanziamento dal portone della politica per farlo rientrare dalla porta di servizio, sotto forma di "contributo per le spese elettorali" appunto. Da allora, si è passato dai 47 milioni di euro (secondo conversione) delle politiche del 1994 agli oltre 500 del 2008: dieci volte tanto in 14 anni. Di più: come ricorda Enrico Marro sul Corriere della Sera mentre nel 1994 le spese effettive dei partiti furono 36 (un rapporto con i rimborsi quasi di "uno a uno"), nel 2008 furono soltanto 110, un quinto dei rimborsi. Che rimborsi, appunto, più non sono. D'altronde, a trasformarli in finanziamento pubblico ci pensò addirittura una legge, la 157 del 1999, svincolandoli dalle spese effettivamente sostenute dai partiti, mentre nel 2002 un'altra legge, la 156, abbassa dal 4% all'1% la soglia di sbarramento di voti per accedere al rimborso elettorale. Nel 2006, invece, la legge 51 garantì ai partiti rimborso "totale" anche se in caso di fine legislatura anticipata. Troppo grossa per non fare marcia indietro. Scandali e terremoti - Incalzati dagli scandali Lazio, Lombardia e Liguria, i partiti si sono mossi. Il Pd per primo spiegava che ogni italiano "devolve" ai partiti 1,5 euro contro i 2,4 dei francesi e i 5,6 dei tedeschi. Vero. Ma nessuno aggiungeva ai rimborsi elettorali i contributi ai gruppi parlamentari erogati da Camera e Senato (75 milioni l'anno), i finanziamenti ai giornali di partito (50 milioni), i finanziamenti regionali (75 milioni). Niente male, come bottino di guerra. Ci è voluto l'approssimarsi del terremoto grillino per tagliare sprechi e "ingiustizie" del 50 per cento. L'impressione, è che non sia bastato.