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Bersani, un piano per dire no a Berlusconi e far fuori Renzi

Giulio Bucchi
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  Seconda giornata di consultazioni per Pierluigi Bersani e soliti, cattivi pensieri. Il segretario Pd continua, nonostante i moniti del Quirinale, a perseguire la strada dell'inciucio impossibile con il Movimento 5 Stelle. "Abbiamo molti punti in comune", ha spiegato il leader di Sel Nichi Vendola, che d'altronde con i grillini ha pure sfilato in Valdisusa, contro la Tav. E Dario Franceschini ha spronato Bersani a tenere duro su misure che molti interpretano come porte chiuse in faccia a Silvio Berlusconi, come le leggi su ineleggibilità e conflitto d'interessi. Il punto è che nonostante l'appoggio di gran parte del partito, che non vuole un accordo con il Pdl, Bersani sa benissimo che, in caso di fallimento delle consultazioni, il suo futuro sarebbe segnato: niente Palazzo Chigi, ma forse pure addio alla leadership del Partito democratico. "Mai con BerlusconI" - Il nome di Berlusconi, nella mente di Bersani, richiama inevitabilmente quello di Matteo Renzi. Pierluigi sa benissimo che la quarantina di deputati renziani (e lo stesso sindaco di Firenze lo ha detto a chiare lettere) sarebbe ben disposta a un governissimo con il Cavaliere in nome della responsabilità nazionale. Bersani, sondaggi alla mano, si oppone fieramente anche per complicare la vita al suo rottamatore. Ecco perché preme per il bivio: o governo con i 5 Stelle oppure voto, senza governi ponte dalla durata incerta. E l'idea è quella di garantirsi, nella riunione di domani, lunedì 25 marzo, una sorta di promessa del partito: mai col Pdl, mai con Berlusconi. La rottura con Renzi - Tornare alle urne a giugno significherebbe, di fatto, non avere tempo a sufficienza per indire nuove primarie, a cui Renzi ha già annunciato di volersi ricandidare. Certo, forzare la mano e puntare sui tempi stretti non garantirà a Bersani la ricandidatura. Perché oltre ai renziani, anche i moderati veltroniani sono pronti a spaccare il partito in caso di ritorno al voto immediato o, ancor peggio, di ricandidatura del segretario (uscente). E i Giovani Turchi di Fassina, un tempo fedelissimi di Bersani, sono sulla stessa lunghezza d'onda. Ipotesi tricamerale - Tra i fuochi grillini e gli incendi dei ribelli democratici, Bersani secondo il Corriere della Sera starebbe però giocandosi anche una terza carta, un po' per obbligo istituzionale un po' per cercare una tregua armata con il Pdl: istituire un tavolo "tripartisan" con grillini e Pdl per discutere delle riforme, legge elettorale in testa, a cui affidare dopo la fase di studio poteri "concreti". L'ultimo esperimento simile fu la bicamerale di Massimo D'Alema. Bersani, e non solo lui, si ricorda bene di come finì. Malissimo, per il centrosinistra.        

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