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Il Pd è nelle mani di Berlusconi,ecco perché Bersani ha cambiato idea

Lontani i tempi in cui Pier stava in ginocchio da Grillo: il partito lo ha costretto a un'inversione di rotta. E ora il segretario chiama il Cav

Ignazio Stagno
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Il Pd non ha smacchiato nessun giaguaro. Anzi ha anche dovuto cambiare pelle. La propria. Già, perchè se Pier Luigi Bersani dovesse andare a Palazzo Chigi lo deve solo ed esclusivamente a Silvio Berlusconi (il chiacchierato, discusso e atteso incontro tra i due è finalmente in corso). La linea dura dei democratici è durata lo spazio di qualche settimana. Il terrore di perdere il consenso della parte "rossa" del suo elettorato è stata surclassata dalla drammatica realtà dei numeri. Il centrosinistra senza il Pdl non può andare da nessuna parte. Gli occhi dolci ai grillini sono finiti dopo le sberle rimediate da Bersani durante le sue consultazioni da pre-incaricato e il tutto in una grottesca diretta streaming con Crimi e Lombardi davanti che ballavano sul cadavere di Pier Luigi. La metamorfosi del Pd - Ora i democratici e lo stesso Bersani devono tendere la mano al Cav. Per forza. Il cambiamento di rotta non è casuale. Senza l'appoggio dei Cinque Stelle, Bersani è al muro e deve trattare con gli azzurri. Il primo segnale della grande inversione di tendenza l'ha dato Enrico Letta due settimane fa, quando dopo un colloquio con Napolitano disse chiaramente che il partito "avrebbe sostenuto pienamente le scelte e le volontà del Colle". In quell'istante, di fatto, Bersani è stato sollevato dall'incarico di segretario. Letta con quelle parole ha aperto la strada ad un altro Pd che da settimane silenziosamente lavorava alle spalle di Bersani. Un Pd che vuole il governissimo al quale sono iscritti Dario Franceschini, Matteo Renzi, Walter Veltroni e Massimo D'Alema. Questa è la pattuglia che a più riprese ha spinto Largo del Nazareno a fare il grande passo verso il governo delle large intese. Franceschini sabato scorso era stato molto chiaro: "Bisogna guardare anche a Berlusconi, non si possono chiudere le porte a prescindere". Giochi per il Colle - Ma la partita per palazzo Chigi passa soprattutto dal Quirinale e dal nome che verrà fuori per il dopo-Napolitano. Bersani qualche giorno fa ha incontrato Mario Monti e lì con il Prof ha messo la parola fine ad ogni resistenza per il governissimo. Il Loden gli ha chiesto un nome di garanzia, che vada bene anche al Cav se Bersani vuole i voti di Scelta Civica per il governo e soprattutto per il Colle. Bersani ha detto sì e quindi ora lo schema prevede un governissimo Pd-Pdl e un uomo al Colle su cui il Cav può esprimere le sue preferenze. Ma nel quadro che si sta per comporre, con grande ritardo, va detto, per le resistenze di Bersani, c'è un guastafeste che vuole capitalizzare il momento propizio. Quel guastafeste è Matteo Renzi. Problema Renzi - Lui può contare su 51 "uomini" in parlamento che sono pronti a votare un candidato al Colle che vada bene al giovane sindaco di Firenze. Romano Prodi è il nome che circola di più nel salone di palazzo Vecchio. Un nome inaccettabile per il Cav. Ma Renzi punta a far saltare l'accordo Bersani-Berlusconi con l'arma di Prodi per spaccare definitivamente il Pd e andare presto al voto dove lui sarebbe il candidato premier del centrosinistra. Intanto questa il Cav e Bersani si incontreranno per decidere cosa fare. L'incontro sarà probabilmente al Senato o a palazzo Giustiniani. In quel momento si saprà se il governissimo avrà il semaforo verde da parte dei democratici e degli azzurri. Ma si saprà anche il nome del nuovo inqulino del Colle e se Renzi riuscirà mai a candidarsi alla premiership. In poche ore i due leader decideranno il destino del Paese. (I.S.)

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