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Trattativa Stato-mafia: distrutte le intercettazioni delle telefonate Napolitano-Mancino

La distruzione era stata disposta dopo la decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Quirinale

Lucia Esposito
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Sono state distrutte oggi nell'aula bunker dell'Ucciardone a Palermo le intercettazioni delle telefonate tra l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, eseguite dalla Procura di Palermo nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia. Erano presenti il Gip Riccardo Ricciardi, che aveva disposto mesi fa la distruzione a seguito della decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Quirinale, un cancelliere e il tecnico che ha materialmente cancellato i file audio. Il giudice ha riascoltato le intercettazioni, per essere certo che fossero quelle da distruggere, e ha quindi personalmente tagliato con delle forbici il CD su cui erano incise. Il tecnico ha invece provveduto alla cancellazuione dei file audio dal server della Procura.  La sentenza - La distruzione immediata, senza contraddittorio tra le parti, delle intercettazioni che coinvolgevano indirettamente il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, era necessaria per sanare "un vulnus costituzionalmente rilevante". E' quanto emerge dalla sentenza, depositata oggi, con cui la sesta sezione penale della Cassazione spiega perchè, giovedì scorso, ha dichiarato inammissibile il ricorso di Massimo Ciancimino, il quale chiedeva di poter ascoltare le registrazioni delle conversazioni intercettate tra Napolitano e l'ex ministro Nicola Mancino, nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta trattativa Stato-Mafia. La vicenda - Le telefonate incriminate sono partite da Nicola Mancino il cui cellulare era stato messo sotto controllo nell'ambito dell'indagine sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Il contenuto non è mai stato divulgato ed è stato considerato penalmente irrilevante dagli stessi pm titolari dell'indagine. L'avvocato di Massimo Ciancimino aveva chiesto di poterle mettere agli atti durante il processo, ma il conflitto d'attribuzione sollevato dal presidente della Repubblica ha deciso, con la sentenza di oggi, la loro distruzione immediata.

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