L'inchiesta, parte 3

Gli uomini d’oro di Renzi da 6mila euro al giorno

Andrea Tempestini

Matteo Renzi insiste sulla pedonalizzazione del centro storico e sui vip a Firenze, ma nasconde le spese del Comune e la schiera di assunzioni a chiamata fatte dal 2009 ad oggi. Amici, ex assessori Pd, figli di personaggi di spicco, ex dirigenti, legami con i poteri forti della Toscana: il giovane Matteo sa come accontentare gli uni e farsi rispettare dagli altri. L’opposizione lo incalza, ma chissà come mai sulla stampa il sindaco appare sempre puro come un giglio e c’è voluta la bacchettata del cardinale Betori per creare un certo scompiglio ai piani alti di Palazzo Vecchio. Non solo. Grazie a un’interrogazione dei consiglieri comunali Francesco Torselli (Fratelli d’Italia) e Marco Semplici (Lista Galli), dopo oltre un mese il vicesindaco Stefania Saccardi ha fatto sapere  che Renzi oggi si avvale di 26 dirigenti comunali assunti ai sensi degli articoli ex 90 ed ex 110, ovvero a chiamata diretta, e quindi senza sostenere alcun concorso per il conseguimento della qualifica.  Ma quanto costano i 26 funzionari ai cittadini di Firenze? A sommare i loro stipendi si arriva a 2.162.974,14 euro all’anno, ovvero oltre 180mila euro al mese, praticamente 6mila euro lordi al giorno. Il coordinatore dell’Area Welfare, Valerio Pelini, laureato in Lettere, ha percepito 123.625,69 euro lordi nel 2012, più o meno la stessa cifra dell’ingegnere Giovanni Menduni, direttore dei Sistemi Informativi, e del collega Giacomo Parenti, Coordinatore dell’Area Sviluppo Urbano. “Solo” 79mila euro per Elena Toppino, laureata in Economia, ex Relazioni Esterne Firenze Marathon, oggi alla Direzione Cultura, Turismo e Sport, mentre Lucia De Siervo ne porta a casa circa 93mila. Tutto ok, se si pensa che sono stipendi lordi e Firenze è una delle città più importanti d’Italia. Però Torselli e Semplici sono andati oltre e hanno scoperto che i 4 più stretti collaboratori di Renzi, da lui scelti e voluti nello staff, non possiedono una laurea quinquennale né specialista, come invece prevederebbe la qualifica di dirigente di seconda fascia. Si tratta dell’ex capo di Gabinetto Luca Lotti (nel frattempo  eletto alla Camera), Bruno Cavini, portavoce del sindaco (Medie inferiori), Marco Agnoletti (capo ufficio stampa), diploma di maturità Scientifica, e Giovanni Carta (gestore dei canali di Comunicazione del sindaco), maturità Classica.  È vero che dalla lettura dell’articolo 19 del D. Lgs 165/2001 sembrerebbe che il possedere la laurea non sia condizione necessaria per diventare dirigente di un ente pubblico (è sufficiente avere svolto per cinque anni funzioni dirigenziali altrove e questa è anche la risposta fornita da uno dei diretti interessati a precisa domanda), però la questione è talmente spinosa che anche Giuliano Pisapia, a Milano, ha chiesto lumi alla Corte dei Conti per una sua analoga assunzione, ricevendo in cambio una risposta chiara: per i ruoli apicali a Palazzo Marino ci vuole la laurea. E a Palazzo Vecchio? L’opposizione è pronta a dare battaglia. Di sicuro  Cavini avrà meno titoli di studio, ma è notissimo negli ambienti politici toscani: è l’ex sindaco storico (Dc) di Palazzuolo sul Senio, grande sostenitore di Renzi, di cui è stato prima collaboratore in Provincia e il suo nome fu tirato in ballo per la storia dei fondi della Margherita e il caso Lusi.  Il “Fonzie di Rignano sull’Arno”, accanto all’impegno per fare diventare Firenze sempre più mediatica, ha fatto lievitare i costi della macchina amministrativa, spesso a scapito delle professionalità interne al Comune. Secondo le stime dei sindacati Renzi, dal suo insediamento ad oggi, ha fatto una sessantina di assunzioni esterne (nonostante i 5200 dipendenti comunali) per un totale di spesa annua pari a 2 milioni e 400mila euro che moltiplicato per 5 anni (quanto dura il mandato da sindaco) fa 12 milioni di euro, tra indennità extra e stipendi dei vari dirigenti a chiamati scelti dal primo cittadino in ragione del carattere fiduciario, o dell’amicizia, o della provenienza politica. Una cifra che pesa sulle casse pubbliche e potrebbe lievitare tranquillamente a oltre 20 milioni di euro tra benefit e consulenze varie. Per carità: finora niente di illecito. Però, ad approfondire la questione, si scopre che il paladino della rottamazione, già dal momento del suo arrivo a Palazzo Vecchio, ha pescato anche dal passato, dalla vecchia guardia della sinistra toscana e da chi poteva garantirgli continuità ed esperienza. Ad esempio, fra coloro ai quali il sindaco ha trovato un posto negli uffici comunali figurano ex assessori comunali, come Simone Tani e la De Siervo la quale è sorella di Luigi, manager della Rai, nonché figlia di Ugo De Siervo, già presidente della Corte Costituzionale. Tra i nuovi assunti da Renzi anche la moglie di un consigliere comunale, alcuni ex scout, e perfino l’autista che Matteo aveva quando era presidente della Provincia di Firenze: i maligni sostengono che l’abbia fatto perché non si fida quasi di nessuno e vuole essere sicuro di potere parlare al telefono in auto senza essere ascoltato da orecchie indiscrete.  Nel libro di Duccio Tronci Chi comanda Firenze (edito da Castelvecchi Rx), si analizzano le spese del sindaco-rottamatore, si parla del bilancio del Comune per mesi gestito, già nel 2011, in esercizio provvisorio, con Palazzo Vecchio che ricorre al vecchio sistema delle multe per fare cassa: oltre 50 milioni di euro messi a bilancio ogni anno. Sanzionare l’eccesso di velocità piazzando numerosi autovelox in mezzo alla città, anziché multare per divieto di sosta», scrive Tronci, «è l’unica differenza con la scelta operata dal predecessore Domenici». Nel 2012 i conti non vanno meglio, infatti si registrano tagli per mancate entrate per circa 30 milioni di euro e 20 milioni di euro da mutui per non superare il Patto di stabilità. Il tutto a discapito di manutenzione cittadina e servizi. di Brunella Bolloli