La trattativa

Pdl, Berlusconi dà l'ok: Alfano in missione da Napolitano

Giulio Bucchi

In missione per conto del Cavaliere. Come scritto da Salvatore Dama su Libero in edicola oggi, martedì 27 agosto, il vicepremier Angelino Alfano ha ottenuto da Silvio Berlusconi il via libera: salirà al Quirinale per parlare con il presidente Giorgio Napolitano e intavolare la trattativa, forse definitiva, per uscire dal cul de sac della legge severino e della decadenza da senatore. I messaggi più o meno cifrati arrivati da qualche moderato del Pd (primo fra tutti, Luciano Violante) hanno in qualche modo convinto il leader del Pdl a sospendere la linea dura dei falchi in stile Santanchè, Verdini e Capezzone. Si tratta dunque, come si tratta sull'Imu, una delle due condizioni poste dopo il vertice di Arcore per tenere in vita le larghe intese. E non è un caso che lunedì sera sia stato lo stesso Alfano, via Twitter, a mostrare segni di ottimismo: "Possiamo farcela", ha scritto Angelino riferendosi al CdM decisivo di mercoledì. Qualcuno, però, ha letto sottintesi anche sull'altro fronte.  Le sirene delle colombe - Perché dunque Alfano salirà al Colle? Perché "Napolitano è l'unico che può risolvere la situazione, se vuole", ripete con un pizzico di amarezza Berlusconi ai suoi. Come? Fabrizio Cicchitto crede che la pacificazione sia ancora possibile, a patto che dal Quirinale arrivasse un "atto di grazia quale la commutazione della pena". Ma il Cavaliere, secondo Marco Conti sul Messaggero, sta riprendendo piede anche un'altra idea. "Prima o poi verrà fatta domanda formale di grazia", avrebbe confidato qualche fedelissimo, riprendendo l'idea già espressa prima di Ferragosto da uno dei legali di Berlusconi, Piero Longo. E se anche Mario Monti ha parlato per la prima volta del provvedimento come "niente affatto scandaloso", allora sembra più chiaro il "pressing" incrociato sul Quirinale. Il nodo però è l'entità della grazia: per evitare la decadenza da senatore, Berlusconi dovrebbe sperare in una "grazia extra-large" anche sulle pene accessorie e non solo sulla pena principale (la condanna a 4 anni di carcere, di cui solo 9 effettivi da scontare, per frode fiscale nel processo Mediaset). Il Pdl si affida al Quirinale e ai più morbidi del Partito democratico anche perché, strategicamente, è forse la via più comoda. Trattare fino all'ultimo potrebbe garantire infatti una doppia via d'uscita: ottenere il massimo, l'agibilità politica del suo leader. Oppure non ottenere nulla, rovesciando però la responsabilità sulla sinistra e farsi consegnare dal Pd stesso un'arma straordinaria in vista delle allora sì inevitabili elezioni anticipate. di Claudio Brigliadori