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Mediaset, Borsa e spread: l'euro-ricatto a Berlusconi e Italia

Ieri il titolo ha perso il 6% e il Cav ha visto andare in fumo 100 milioni. Differenziale a livelli di guardia. Tra patti segreti e voglia di stabilità, l'ipoteca di Bruxelles su Letta

Giulio Bucchi
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Niente rimbalzo in Borsa per Mediaset, che questa mattina in avvio di seduta è passata negativa a Piazza Affari allineandosi con l'indice e cedendo lo 0,32% a 3,14 euro ad azione. Nulla rispetto alla tormentata giornata di lunedì, quando il titolo ha perso il 6,2% dopo un paio di sospensioni per eccesso di ribasso. In poche ore sono andati in fumo circa 250 milioni di euro (virtuali), 100 solo per le tasche di Silvio Berlusconi che detiene il 41% di Mediaset. E non è un caso che tutti gli asset della famiglia abbiano subito pesanti contraccolpi: Mondadori, presieduta dalla figlia Marina, ha lasciato sul campo l'1,4%, mentre Banca Mediolanum del fidato Ennio Doris ha perso il 3,4 per cento. "I mercati hanno bisogno di stabilità", ha commentato serafico dalle vacanze lo stesso banchiere. Quasi un "pizzino" inviato all'amico Silvio, sulla linea dei consigli dati in questi giorni da familiari e collaboratori fidati, in testa Fedele Confalonieri. Il messaggio è chiarissimo: occhio a far cadere il governo Letta, perché a risentirne potrebbero essere per prime le aziende di famiglia.  Il ricatto dei mercati - Il clima dalle parti di Arcore è di quelli pesanti. E lo spettro che si sta agitando in queste ore è quello dell'euro-ricatto. I poteri forti, della politica europea e della finanza, di sicuro non vedono di buon occhio una nuova turbolenza italiana. L'economista-profeta Nouriel Roubini, lunedì su Repubblica, ha parlato di un patto segreto, un "gentlemaen agreement tra Giorgio Napolitano e Angela Merkel, una promessa da parte del Quirinale di non creare terremoti politici a Roma prima delle cruciali elezioni tedesche che diranno da che parte andrà l'Unione europea". E naturalmente Silvio Berlusconi starebbe minacciando questo status quo. E' sempre questo il punto: in Italia non si muove una foglia se non lo vogliono Berlino, Bruxelles e Strasburgo. Un Paese sotto tutela, di fatto, come confermerebbero le voci che vogliono un commissariamento in caso di caduta del governo Letta. Lo spauracchio spread - La memoria corre naturalmente all'ottobre-novembre 2011, durante il drammatico "assedio" al Cavaliere. All'epoca il premier doveva far fronte alla crisi della propria maggioranza e soprattutto alle divisioni sulla linea rigorista da tenere per non infrangere i vincoli Ue. Vincoli che Berlusconi ha tentato a lungo di cambiare, finendo però stritolato nella morsa dello spread. Eccolo, l'altro grande spauracchio: ieri il differenziale tra Btp e Bund era salito sopra quota 250, mentre questa mattina è sceso di nuovo a 248,90, con un rendimento del titolo italiano del 4,36 per cento. Piccolo sospiro di sollievo, ma come ricordava Roubini se la crisi andrà in porto lo spread salirà di botto a 300. Come dire: addio abolizione dell'Imu, addio stop all'aumento Iva. Anche questo, un bel ricatto. Due anni fa il terrore per la tenuta dei conti italiani portò alla caduta di Berlusconi e al governo euro-tecnico di Monti e dei professori. Oggi la prospettiva è diversa: tenere a tutti i costi Letta a Palazzo Chigi.

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