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Pd, Renzi con Mentana: "Se non pensavamo ai giaguari vincevamo. Basta ossessione Berlusconi"

Il sindaco chiede autocritica ai suoi: "A febbraio ci siamo dovuti impegnare. Qua dobbiamo conquistare i voti dei delusi di Pdl, 5 Stelle e... Pd"

Giulio Bucchi
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"Non dobbiamo essere spocchiosi, dobbiamo prendere il voto utile e quello umile. Dobbiamo prendere i voti dei delusi del centrodestra, dei 5 Stelle, e pure quello dei delusi del Pd". Il congresso, le correnti, la corsa a Palazzo Chigi. E soprattutto il Pd, da rivoltare come un calzino. E' un Matteo Renzi scatenato quello che il direttore del TgLa7 Enrico Mentana intervista a Genova, alla Festa democratica. Il vero mitraglietta è lui, il sindaco di Firenze. Che non le manda a dire a chi, come Pierluigi Bersani, gli ha ricordato che se vuole cancellare le correnti come promesso, allora deve partire proprio dalla sua, quella dei renziani. "Il primo che mi dice di essere renziano gli consiglierei un trattamento sanitario obbligatorio, dico no alla politica che si riduce ad un cognome con un suffisso", scherza dal palco genovese. E poi, serio, va giù duro con l'ex segretario: "A dicembre, dopo le primarie perse, ho giocato per il Pd rinunciando a prendermi il 40% dei posti in Parlamento".  Autocritica Pd - I punti centrai dell'intervista a Renzi sono due: la corsa alla segreteria del partito e gli errori del passato recente. Innanzitutto le elezioni. "Il 25 febbraio ha perso il Pd. Riuscire a non vincere le elezioni non era facile, ci siamo dovuti impegnare. Se avessimo pensato meno a smacchiare il giaguaro ma ad occuparci di più dei giovani e del lavoro, ora al governo ci saremmo noi, senza Brunetta o Alfano", è l'ennesimo affondo al grande sconfitto, Bersani. E poi l'imboscata su quello che doveva essere il dopo-Napolitano, Romano Prodi. "L'atteggiamento dei 101 è immorale e inqualificabile, ti alzi e lo dici, come io ho fatto con Marini, non fai quello che accoltella alle spalle". L'obiettivo dei franchi tiratori, sostiene il sindaco di Firenze, era "non solo sbarrare la strada a Prodi ma anche immaginare un percorso diverso". Serve, insomma, un po' di sana autocritica: "Alle scorse elezioni noi abbiamo perso 3 milioni di voti, Berlusconi ne ha persi 6 milioni. Tra quelli che hanno votato Grillo, secondo me una parte si era rotta le scatole di noi, della nostra inconcludenza, del fatto che non eravamo coerenti, che dicevamo di abolire finanziamento pubblico ai partiti ed è sempre lì, che dovevamo fare legge elettorale e non se fatto nulla". Il messaggio, forte, è quello dell'ottimismo: "A questo Paese serve una rivoluzione radicale, non qualche manovra col cacciavite. Anche tra i nostri vedo molta rassegnazione. E invece dobbiamo ritrovare forza e coraggio, la pagina più bella è ancora da scrivere".  Basta ossessione Berlusconi - Da scrivere, di sicuro, è il capitolo su chi guiderà il partito dopo la parentesi Epifani. "Sono disponibile, fissiamo la data del congresso. E al congresso non voglio il voto dei renziani, che sembra una brutta parola, ma di tutti gli italiani, gli uomini e le donne che hanno a cuore il Pd". La battaglia, dunque, è quella di aprire le porte del Pd a tutti gli elettori, non solo quelli di sinistra. Senza parlare sempre e solo di Silvio Berlusconi. "Dobbiamo smetterla di considerare una persona colpevole dopo un servizio del Fatto quotidiano, di Repubblica, di Report. E anche dopo solo un grado di giudizio. Oggi, Berlusconi è condannato in via definitiva. Ne abbiamo parlato per 20 anni, possiamo non passare i prossimi 20 mesi a parlare della sua assenza?". E quando Mentana gli chiede, ultima domanda, cosa significa essere di sinistra, lui conclude così: "Significa anche non ripetersi come siamo belli, come siamo pochi. Voglio una sinistra che governi l'Italia, non una che si compiaccia delle proprie sconfitte". di Claudio Brigliadori          

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