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Matteo Renzi: "Sono l'ultimo argine ai populismi, se salta il Pd salta l'Europa. Il candidato premier sono io"

Zaccardi Michele
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La priorità è "costruire una coalizione con la quale difendere l'Italia dal populismo dei gillini e dall'estremismo di Salvini e Berlusconi". Matteo Renzi, intervistato da La Repubblica in occasione del decennale della nascita del Partito democratico, parla a ruota libera sulla situazione politica attuale, indicando il futuro percorso del centrosinistra. E delinea i contorni di una coalizione di governo, in grado di raggiungere il 40%, un rassemblement che sia l'argine alle destre e al populismo. Una coalizione di centrosinistra allargata con baricentro il Pd, l'ultima forza progressista "ancora in campo in Europa. In Francia i socialisti sono al 5%, in Olanda al 6%, in Germania c'è stato il risultato peggiore della storia dell'Spd. Se salta il Pd, salta il sistema". Per realizzare questo risultato ci sono "quattro margini di azione". Il primo è aggregare "il mondo centrista, dagli ex di Scelta civica ad Ap". Secondo, una coalizione europeista, "con Forza Europa e Radicali". Terzo: la galassia ambientalista. Infine, i partiti alla sinistra del Pd, che Renzi è convinto si uniranno al progetto. Il riferimento è al movimento di Pisapia, "per il quale le porte sono completamente spalancate", mentre su Mdp, il segretario dem è più tiepido: "Hanno rotto loro e i loro leader non vogliono ricucire. La rottura si spiega solo con il risentimento". La seconda Repubblica è stata caratterizzata dai partiti personali. "La novità del Pd è di non appartenere a un leader. Questa comunità esiste, comunque. È quello che non hanno capito Bersani e D'Alema". Renzi chiude invece ogni spiraglio per le primarie di coalizione. "Il leader del Pd è per statuto candidato premier". E se lo Ius soli rimane una battaglia per il Pd, anche se "non di principio", che arriverà o in questa legislatura o nella prossima, la fiducia posta sul Rosatellum è "senso di responsabilità". La consuetudine di non metterla su iniziative di legge del Parlamento, sulla legge elettorale, in scadenza di legislatura, è un "presunto bon ton di galateo politico che non avrebbe prodotto alcuna riforma del sistema elettorale". Quanto al futuro del Partito democratico, accusato da più parti di aver perso la propria identità e l'appoggio dei ceti che tradizionalmente ne costituivano il nocciolo duro, Renzi sottolinea che "i dati nei circoli più rossi delle primarie dicono che la base ex comunista del Pd nutre un affetto impressionante, persino immeritato, per il segretario". E sui valori che incarna il Pd, il segretario risponde che "la sinistra è futuro, o non è". Dunque la parola d'ordine è "capacità di innovazione". Poi il lavoro: "Se il M5S con il reddito di cittadinanza è il partito dell'assistenzialismo e FI e Lega quello della rendita, il Pd è il partito del lavoro". Renzi rilancia: "Abbiamo creato 1 milione di posti di lavoro con il Jobs act". Infine "l'idea dell'Italia come comunità", che significa istruzione, cultura e diritti. 

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