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Matteo Salvini, la bomba sul Senato: "Votiamo la Bernini di Forza Italia". Berlusconi e Di Maio, ora cambia tutto

Giulio Bucchi
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"Voteremo Anna Maria Bernini presidente del Senato già nella seconda votazione". L'annuncio di Matteo Salvini arriva a metà pomeriggio di venerdì, dopo ore di trattative bloccate e tensione crescente. La convergenza della Lega sulla onorevole di Forza Italia cambia tutto lo scenario: Silvio Berlusconi voleva tener duro su Paolo Romani, nome che Luigi Di Maio e il Movimento 5 Stelle ha definito "invotabile". Salvini, pur di non mandare a monte la fragile intesa con i grillini anche per la Camera, ha cercato a lungo la mediazione invitando Di Maio e Berlusconi a parlarsi. Il nome della Bernini è significativo anche perché a mo' di provocazione in mattinata la dura e pura dei 5 Stelle, Paola Taverna, chiedeva a Berlusconi di candidare una donna alla seconda carica dello Stato. La scelta della Bernini spacca il centrodestra. "Allo stato attuale il nostro candidato, fino a prova contraria, è Romani", gela da Forza Italia Renato Schifani, che ha definito la candidatura della Bernini da parte di Salvini "non concordata". Ancora più duro Silvio Berlusconi, che ha parlato di "atto di ostilità a freddo che rompe il centrodestra". Non a caso, in serata (prima del presunto ritiro della candidatura da parte della stessa Bernini), Di Maio ha aperto alla elezione della Bernini ("o a una figura simile"), seguito a ruota da Alessandro Di Battista. Il timore tra gli azzurri è che Salvini abbia voluto forzare la mano per una strategia win or win, vinci o vinci: obbligare gli alleati a convergere su una propria rappresentante, tenendo viva l'intesa con Di Maio (per il Senato, la Camera e probabilmente anche Palazzo Chigi), oppure andare al braccio di ferro ed eleggere comunque la Bernini (i numeri ci sarebbero stati). A quel punto la strada di un'intesa con i 5 Stelle per il governo sarebbe stata obbligata, mentre all'orizzonte ci sarebbe comunque il grande rischio di una rottura con Forza Italia anche nei governi locali delle Regioni amministrate insieme. Una minaccia, quella agitata dai forzisti, che forse Salvini pensa nessuno voglia portare a compimento. 

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