Matteo Salvini, il sondaggio che lo spinge al voto: Lega al 23%. A Berlusconi e Di Maio: "Adesso piantatela"
La linea salviniana non cambia: «Se Berlusconi e M5S continuano a dirsi “malavitoso” o “antidemocratico”, gli italiani si stufano, io mi stufo e si torna a votare» detta a Radio Anch'io. E poi: «Siparietti, show, retroscena non mi interessano. Mi occupo solo di tasse e di legge Fornero. Abbiamo chiesto il voto come squadra di centrodestra e io non cambio squadra a metà campionato». Concetti che rassicurano la Meloni, pronta a rilevare che «il Movimento 5 Stelle voleva dividere il centrodestra ma non c'è riuscito»: anche così, si cerca di ridimensionare lo strappo del Berlusca, che al Quirinale ha fatto quello che ha fatto, ma Matteo e Giorgia sono ancora neri. Irritati. Increduli. Soprattutto dalla Lega, fanno filtrare che parecchi azzurri sarebbero pronti a mollare l'ex premier per salire sul Carroccio. Ma è il momento dei veleni e delle suggestioni: chissà se è vero o sono chiacchiere in libertà. Di certo, cresce l'attesa attorno al Vinitaly. Domani, Di Maio e Salvini potrebbero incrociarsi in quel di Verona, e i giornalisti caleranno in forze sperando in novità sconvolgenti. È vero che le diplomazie riflettono sull'opportunità di un caffè tra i leader, ma soprattutto i grillini non sono dell'idea. D'altronde, se proprio Luigino e Matteo si devono parlare, possono alzare il telefono lontani dalla calca. A Di Maio converrebbe una fotografia col segretario leghista, a pochi giorni dal voto in Molise che resta conteso tra 5 Stelle e centrodestra? Leggi anche: Dopo le bombe sulla Siria, l'ultima rissa tra Salvini e Berlusconi Risposta: no. Ed è lo stesso motivo - spifferano i sapientoni - per cui i grillini prendono tempo e hanno rimandato al 30 aprile ogni valutazione sui programmi di Lega e Pd, ufficialmente per trovare un'intesa su un possibile «contratto di governo», ma guardacaso la data è successiva al voto regionale di Campobasso (il 22) e di Trieste (29). LE DIPLOMAZIE Le diplomazie, più che per un cin-cin a Verona, lavorano per trovare la quadra per l'inizio di maggio, dopo che la Casellati avrà verosimilmente ricevuto un incarico dal Colle per sondare le truppe parlamentari, tornando a mani vuote. Niente maggioranza. «Il problema è che non ci sono i numeri» ricorda infatti il leghista Giorgetti, ed è vero. Nessuna maggioranza avrebbe cifre solide, a parte un eventuale accordo tra centrodestra e 5Stelle. Troppo magre le pattuglie di azzurri e dem o di leghisti e grillini, per ipotizzare maggioranze alternative. Non avrebbero il dominio delle Camere, o ce l'avrebbero per un pugno di voti. Un'epidemia di raffreddore farebbe rischiare il collo al premier. E chi si prenderebbe il rischio di andare a Palazzo Chigi in simili condizioni? Al solo centrodestra mancano decine di seggi per il fatidico 50% più uno: «Se ci fossero 50 o 60 parlamentari che firmassero il nostro programma... A mali estremi estremi rimedi. Ma la via maestra da seguire resta sempre quella di un governo che rispecchia il voto degli italiani: il centrodestra e i 5 stelle» riflette Salvini al Tg1. Quindi si torna sempre là, all'appello leghista a grillini e a Berlusconi. Ma i continui strappi complicano la trattativa. È come la tela di Penelope: Matteo e Giorgia la fanno, poi Silvio o chi per lui, la disfa. Ieri, per dire, ci si è messo Alessandro Di Battista: «In nessun Paese normale il Cavaliere avrebbe ancora potere. Salvini? Al Quirinale sembrava Dudù». LA PAZIENZA Salvini si arma di pazienza: «Non cambia nulla. Sono più attento alla sostanza che alla forma», e assicura che nemmeno le sceneggiate berlusconiane hanno modificato il quadro. Una pezza prova a metterla anche il giornalista Giorgio Mulè, ora deputato azzurro, che su Rai Radio1 assicura: l'ex premier al Colle? «Ce l'aveva solo con Di Battista» e non con tutti i grillini. Però da Arcore filtrano segnali bellicosi, col padrone di casa che giura: «Io non mollo», come invece chiede Di Maio. La Meloni sospira: «Le cose cambiano, Berlusconi se ne è accorto e si è innervosito» confessa al Corriere a proposito dei rapporti di forza nella coalizione. Salta su una vecchia volpe come Pierferdinando Casini, ora nel Pd: «È una pretesa inaccettabile far staccare Salvini da Berlusconi», e chissà se la frase è un segnale al centrodestra... Salvini è tornato a Milano dove resterà pure oggi. Figli e relax. Con costante presidio dei social network e un occhio alla crisi internazionale. Ieri, la Lega è tornata a chiedere di togliere le sanzioni alla Russia. E ha ribadito il no alla soluzione militare per la Siria. Maurizio Martina, Pd, twitta: «Oggi per Salvini Trump “è un problema”. Come si cambia, per ricominciare...». Ma Matteo, più che le dichiarazioni dei dem, legge i sondaggi. L'ultimo, di Swg, dà la Lega al 23,5% e Forza Italia al 10,1%. di Matteo Pandini