Cinquestelle agitati

Il terrore di Gigino di Maio: essere fregato da Fico

Maria Pezzi

Fico che seppellisce Di Maio in terra sconsacrata. In queste narcotiche consultazioni/esplorazioni che somigliano sempre più al Giorno della marmotta (il film in cui ogni dì si ripeteva uguale al precedente) è questo il vero incubo del leader pentastellato. Pare, infatti, vibrare il timore che, nel caso - probabilissimo - che il mandato esplorativo di Casellati fallisca, Mattarella possa assegnare un ulteriore mandato - stavolta per tastare l' alleanza 5 Stelle/Pd- proprio alla terza carica dello Stato. Fico. Soluzione, questa, all' apparenza istitutuzionale, ma pericolosissima. Perché, nel caso di un estremo accordo coi Dem Renzi - che, diciamolo, odia Di Maio di un odio letterario - potrebbe chiedere di sostenere un governo M5S soltanto con Roberto Fico. Cioè con l' ala «ortodossa» del M5S: quello che converge naturalmente a sinistra, l' istituzione in jeans che incontra Boeri per decidere sull' abolizione dei vitalizi, il tattico che se la gioca sulla riforma di un regolamento penitenziario accentato sui diritti umani, dal kebab per gli islamici alle celle separate per gender e trans. Ecco, siccome, dicono i suoi, Renzi è più vendicativo di un dio biblico, issare Di Maio a Palazzo Chigi, oltre a fare venire un colpo apoplettico a Gigino potrebbe portare ad una vera e propria spaccatura dei 5 Stelle. «RESPONSABILITÀ» - Tra l' altro Di Maio difficilmente potrebbe rifiutare questa soluzione dopo aver riempito il post-elezioni della parola «responsabilità». Ed è questo il motivo dell' allarme. Ed è per questo che Danilo Toninelli si affretta a puntualizzare che «l' ipotesi di Fico premier non sussiste». Di Maio intanto, dopo l' incontro con la Casellati, continua a basculare, minacciando di chiudere i «due forni», ma di fatto, mantenedoli accesi entrambi: «Io sono stato accusato da Salvini di porre dei veti. Ma non si capisce perché io non possa porlo su Berlusconi ma lui possa porlo sul Pd». Oppure: «Noi e la Lega siamo le uniche due forze politiche che non si pongono veti a vicenda. Questo andrebbe compreso, e invece la Lega continua a propinarci l' ipotesi un governo dell' ammucchiata del centrodestra». O, ancora: «M5s è pronto a sottoscrivere un contratto di governo con la Lega e non con tutto il Centrodestra che si è messo insieme perchè la legge elettorale gli dava dei vantaggi». In realtà, la politica continua a cristallizzarsi in uno stallo messicano, con i contendenti fermi a pistole reciprocamente puntate. Di Maio vuole la scissione del centrodestra («da venerdì non esiste più e potremo passare alle trattative tra forze politiche»); Salvini non ci pensa nemmeno sennò sarebbe socio di minoranza in un governo con M5S; Berlusconi non vuol farsi da parte; il Pd aspetta chi crolla per primo. «Il veto su Berlusconi resta, è un delinquente naturale», scandisce il senatore Gregorio De Falco, l' anti-Schettino sul caso "Concordia". «GESÙ O BARABBA?» - E Di Maio, serata si lascia sfuggire: «Le tre proposte di Martina sono un buon punto di partenza per un nuovo governo». La cosa certa è che nessuno, qui, vuole apprestarsi al famoso «passo di lato». Gigino ha perfino convocato tutte le anime del Movimento - compresa quella «movimentista» - annunciando: «Mi chiedono il passo di lato: chi vuole che lo faccia?»; il che, evocando Fico, equivarrebbe un po' al «chi volete voi, Gesù o Barabba?». Nessuno dei grillini ha fatto un plissè. La palla ancora a Mattarella. Aridalli... di Francesco Specchia