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Paolo Becchi: tornare alle urne prima delle ferie? Lo fecero già nell'83

Cristina Agostini
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Correva l'anno 1983. Era fine giugno e gli italiani venivano chiamati alle urne per le elezioni politiche. Si può votare anche in estate. Domenica sera Matteo Renzi ha chiuso ad un governo M5S-Pd, quindi se il 3 maggio anche la direzione nazionale dei Dem si pronunciasse nella stessa direzione, il presidente della Repubblica potrebbe dare corso ad un altro veloce giro di consultazioni con tutti i gruppi parlamentari per constatare se nessun' altra strada sia ancora percorribile. Si arriverebbe così a metà maggio. Di fronte ad uno stallo senza soluzioni, al capo dello Stato non rimarrebbe altro che convocare i presidenti di entrambi i rami del Parlamento e procedere allo scioglimento delle Camere. Inutile vivacchiare con eventuali tentativi di governi del presidente o indicibili pastrocchi che tradiscono la volontà popolare. Il decreto di scioglimento dovrebbe essere firmato entro martedì 22 maggio e pubblicato sulla gazzetta ufficiale il giorno successivo. Leggi anche: Altro che "voto a giugno"... Il "codicillo": perché si torna alle urne tra un anno (forse) IPOTESI 8 LUGLIO - A quel punto la data del voto deve collocarsi nella forbice che va da un minimo di 45 ad un massimo di 70 giorni dalla pubblicazione del decreto di scioglimento delle Camere. Considerato che usciamo da una recente campagna elettorale molto lunga, la prossima potrebbe benissimo durare di meno, ma pur sempre nella forbice stabilita dalla legge, quindi la prima data utile per tornare al voto sarebbe quella di domenica 8 luglio, cioè 47 giorni dopo la pubblicazione del decreto di scioglimento. Si può fare, anche perché la campagna elettorale si terrebbe soprattutto a giugno, quindi non sotto il caldo afoso. E poi l' Italia quest' anno non partecipa ai campionati mondiali di calcio, quindi tribune e comizi non andrebbero deserti. Stavolta, rispetto alle elezioni politiche del 1983, si tratterebbe di andare al voto una decina di giorni più avanti. Tutto nella norma. Anche perché nel 1983, senza internet e con pochi canali televisivi, era necessario seguire i candidati per capire chi votare. Oggi è sufficiente starsene sui social comodamente al mare o sul divano di casa. IPOTESI 22 LUGLIO - Il problema sarebbe semmai quello di tornare al voto con la stessa legge elettorale che ha contribuito a creare questo caos, il Rosatellum. Non si può escludere che l' esito elettorale sia simile a quello del 4 marzo, ma non è detto. Il voto di opinione è liquido e Di Maio non sta facendo una bella figura in queste trattative. Alla fine, nel forno c' è finito lui. Come che sia, per evitare il pericolo di un nuovo stallo le Camere potrebbero nel giro di quindici giorni, se vi fosse la volontà politica, scrivere e approvare una legge di un solo articolo che ripristini il Mattarellum originario del 1993 con delega al governo per ridisegnare - entro ulteriori quindici giorni - i collegi elettorali per l' elezione della Camera (per il Senato sarebbero perfetti quelli che il Rosatellum ha disegnato per la Camera). A quel punto si potrebbe pensare di spostare la data del voto dall' 8 al 22 luglio. Ma se non c' è accordo neppure sulla legge elettorale è meglio andare al voto con questa. «Luglio, col bene che ti voglio...», chissà non solo l' amore porterà, ma anche una maggioranza parlamentare. Ps. per quanto riguarda il voto all'estero è vero che bisognerebbe aspettare sessanta giorni dalla data del decreto di scioglimento delle Camere al fine di consentlre l'aggiornamento dei registri degli italiani residenti all'estero, ma nel nostro caso l'aggiornamento è già avvenuto il 4 marzo. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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