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Governo M5S-Lega, il silenzio di Mattarella: cosa c'è dietro la scelta del Quirinale

Matteo Legnani
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Sergio Mattarella osserva con attenzione, silenzio e grande prudenza quello che sta accadendo. Consapevole, si dice sul Colle, che ogni sua parola rischierebbe di aggravare la situazione. L' agitazione dei mercati, lo spread che sale, gli interrogativi dei commissari europei e dei capi di Stato. Ma soprattutto i mercati, il rischio più grande. Osserva quello che accade. E anche quello che non accade, visto che da lunedì aspetta, invano, il nome del presidente del Consiglio. Nome che Luigi Di Maio e Matteo Salvini gli avevano assicurato domenica scorsa che gli avrebbero fatto. Si sono lasciati con l' impegno, da parte di Di Maio e Salvini, di farsi sentire quando sarebbero stati pronti. Al momento aggiornamenti non ce ne sono stati. Comunicazioni ufficiose, sì. Ma ufficiali no. E sono solo queste quelle che contano. Naturalmente Mattarella segue tutto quello che sta accadendo. Il lavoro sul contratto di governo è osservato con attenzione, ma nel silenzio più assoluto. Leggi anche: Mattarella, i diktat a Salvini e Di Maio: in caso di fumata nera il leghista... Perché su quello, si dice sul Colle, il presidente non può e non vuole dire nulla, non essendo materia che lo riguarda. La Costituzione gli dà potere di intervenire sulle leggi, cioè sulla traduzione in atto del programma: può firmarle o no. E questo, dice chi lo frequenta, lo farà. Con la rigorosità necessaria. Ma il programma non lo riguarda. Attiene alle forze politiche. E si percepisce un filo di fastidio rispetto a quanti lo strattonano per chiedere un suo intervento. Così come non ha voluto dare pareri agli estensori, nemmeno leggere la bozza, allo stesso modo non intende commentare alcun punto del programma. Quando si concretizzerà in leggi, con tanto di coperture e compatibilità con la Costituzione e i trattati, dirà la sua. Ma prima di allora non avrebbe senso. E non avrebbe nemmeno gli strumenti per farlo. Ovviamente ha le sue opinioni, le sue preoccupazioni. Ma si guarda bene dal farle trapelare. Non gli sfugge, per esempio, l' inedita inversione dei meccanismi istituzionali, adottata dai semi-vincitori. Finora prima le forze di maggioranza indicavano il premier, poi il presidente lo nominava e solo a quel punto il nominato, una volta completata la squadra dei ministri, insieme ai partiti di maggioranza scriveva il programma, che poi veniva presentato al Parlamento. Ora sta accadendo il contrario: prima il programma, poi il premier. E peraltro il premier non c' è. Il presidente si muove e si muoverà dentro gli argini della Costituzione, che gli attribuisce il potere di nomina del presidente del Consiglio, dei ministri e il potere di firma delle leggi. Questo è quello che Mattarella non mancherà di fare. Anche sul nome del premier, il presidente aspetta, rispettoso delle forze che stanno formando la maggioranza, ma poi dirà la sua. È importante, infatti, si dice sul Colle, che la persona scelta sia in grado di tenere testa nei vertici internazionali, che abbia la storia e la preparazione per farlo. Salvini e Di Maio hanno detto che sono pronti a comunicargli l' atteso nome lunedì. Ma fino a ieri sera al Quirinale non era arrivata alcuna comunicazione. Solo voci e l' eco di discussioni tra i due leader ancora molto in alto mare. Per il week-end rimarrà a Roma. Aspetta. È l' ultimo tentativo, quello che si è spinto più avanti. Se fallisse, non rimarrebbe che l' orizzonte delle elezioni. di Elisa Calessi

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