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Sergio Mattarella, Paolo Becchi: vuole far fuori Giuseppe Conte e tornare alla staffetta Salvini-Di Maio

Davide Locano
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Mattarella stavolta ha ragione. Dopo che Di Maio e Salvini gli hanno fatto il nome dell'avvocato e professore Giuseppe Conte, il Presidente della Repubblica - cogliendo tutti di sorpresa, ma con una mossa intelligente - ha convocato al Quirinale i Presidenti di Camera e Senato. Non era mai successo. È una irritualità che ha il suo fondamento nell'art. 95 della Costituzione, citato dallo stesso Mattarella: "Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri". Mattarella si è dimostrato in questa occasione di essere veramente “il custode della costituzione”. Il nome di Conte, personaggio non eletto - come lo fu Renzi del resto - ma per di più senza alcuna esperienza politica, non avrebbe la statura internazionale e l'autorevolezza politica per poter dirigere la politica generale del governo e coordinare l'attività dei ministri. Come può un semplice professore, tra l'altro di diritto privato, dal curriculum peraltro discutibile, e privo di qualsiasi legittimazione popolare, dirigere l'attività di un governo che vede nei suoi ministri, Salvini e Di Maio, i veri leader dell'esecutivo? Il “contratto” di governo prevede obiettivi ambiziosi, quasi tutti condivisibili, che costano più di 100 miliardi di euro. Per poterli realizzare serve una persona che vada a Bruxelles e faccia l'interesse nazionale ottenendo la flessibilità necessaria per realizzare quelle misure. Che sia non eletto importa sino ad un certo punto, ma che addirittura sia il primo tecnico di un governo politico della storia repubblicana ci sembra troppo. Uno come Conte non riuscirebbe a portare a casa un bel niente. Non ci sono riusciti Berlusconi e Renzi, politici di razza e forti ai loro tempi del consenso popolare, come potrebbe riuscirci Conte? Il Presidente Mattarella, con la sua mossa, intende dare a Di Maio e a Salvini un'ultima possibilità. Al cospetto delle ambizioni del contratto di governo servirebbe a Palazzo Chigi proprio uno di loro due, capace di parlare in Europa su espressa delega del popolo. L'idea della staffetta Di Maio-Salvini, che per primi abbiamo proposto su questo giornale a fine marzo, resta ancora la migliore soluzione possibile. Poi occorre, in ogni caso, mandare al Ministero dell'Economia uno tosto, uno che dopo lo scontro con Bruxelles sappia portare sana e salva la pellaccia a casa senza farsi scuoiare dalla Merkel. Uno come Paolo Savona, sul cui nome sia Matteo che Luigi sono d'accordo, andrebbe benissimo. Sarebbe un punto a favore della battaglia sovranista. Leggi anche: La Meli distrugge il M5s: "Casta della casta" Fico e Casellati diranno oggi a Mattarella che i numeri sulla carta ci sono, ma uno come Conte potrebbe reggere negli anni l'esiguità dei sei voti di maggioranza al Senato? E chi può essere veramente sicuro che al Senato un certo numero di Senatori decida di non votare un nome palesemente così debole? Se si vuole per davvero che nasca finalmente la Terza Repubblica, non resto che tornare all'idea della staffetta. Oppure sarà alla fine il Presidente della Repubblica a scegliere e non si può escludere che a questo punto stanco di una trattativa infinita formi lui un nuovo governo o, sorprendendo di nuovo tutti, dia l'incarico a Di Maio che comunque resta il leader del partito che ha avuto più voti. E ciò metterebbe in grave difficoltà Salvini. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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