Roberto Maroni, l'ex ministro leghista contro i grillini: "Decreto dignità, come affondano il Paese"
Il decreto dignità approvato dal Consiglio dei ministri su proposta del grillino Di Maio, continua ad andare di traverso alla Lega, che sulla partita sta mantenendo una posizione defilata. Anche Roberto Maroni, che è stato ministro del Lavoro del terzo governo Berlusconi, boccia la norma che dovrebbe ridare dignità ai lavoratori e che «invece rischia di far scappare le aziende». Leggi anche: Maroni, la confessione: "Pronto a tornare in politica". Il retroscena: lui nuovo leader di Forza Italia Maroni, nella sua rubrica sul Foglio, "Barbari Foglianti", è stato molto duro su questo provvedimento. Cosa non la convince? «L' irrigidimento del mercato del lavoro. È giusto combattere la precarietà, ma devi stare attento a non creare le condizioni per favorire il "nero" e questo decreto, così com' è, lo fa». È per questo che non piace a tutto l' apparato produttivo del Paese? «Certamente. Del resto basta guardare le dure critiche di Confindustria, un' organizzazione che per ovvie ragioni tende sempre ad essere filogovernativa, indipendentemente dal colore dello stesso. Sono preoccupati perché questo decreto non aiuta ad abbassare il costo del lavoro». Se lei fosse in Parlamento cosa farebbe per migliorare questo provvedimento? «Farei tre emendamenti». Da quale partirebbe? «Il primo deve riguardare la creazione di un sistema di vantaggi per chi decide di assumere lavoratori con contratto a tempo indeterminato. Ad esempio si potrebbero dimezzare i contributi previdenziali a carico delle aziende per un anno o due in caso di nuove assunzioni. Di questi contributi dovrebbe farsi carico l' Inps che rientrerebbe dell' esborso con gli introiti derivanti dall' aumento del mercato del lavoro». Poi, immagino, lei pensi alla reintroduzione dei voucher... «Esatto. Li mettemmo io e Marco Biagi nel 2003. Poi il governo Renzi li ha tolti, facendo un grave errore. Spero che in Parlamento vengano reinseriti nel decreto, almeno per quel che riguarda i settori dell' agricoltura e dei lavoretti occasionali». E il terzo e ultimo emendamento su cosa lo farebbe? «Sulla delocalizzazione...». Non le piace nemmeno quella parte? Eppure è un tema caro alla Lega. Anche lei quando era governatore della Lombardia si batté contro questo malcostume... «Combattere la delocalizzazione è giusto. Quello che trovo sbagliato è il modo. Anche in questo campo si è scelto un approccio sanzionatorio: "te ne vai? e io ti punisco". Invece io preferirei un modello di incentivazione a restare». Come si fa? «Il modello c' è già, ed è proprio quello lombardo. In cinque anni finanziando l' innovazione e la ricerca abbiamo fatto crescere il Pil regionale in quel settore dall' 1,6 al 3%. Un aumento che in Lombardia vale circa 10 miliardi. Se invece tu pensi solo a punire, rischi di ottenere l' effetto contrario». C' è davvero, secondo lei, il rischio di una fuga di aziende dall' Italia? «Beh, è chiaro che se io faccio una legge dove metto solo paletti, do un messaggio sbagliato. E un' azienda che magari sta pensando di delocalizzare, invece di ripensarci, potrebbe accelerare le pratiche per evitare le sanzioni. Sono giorni che ricevo telefonate da industriali e investitori esteri, che mi chiedono cosa sta succedendo. Questa è tutta gente che, avendo del capitale, potrebbe decidere di investirlo altrove. No. Così proprio non va». Maroni, c' è almeno una cosa che le piace nel decreto di Di Maio? «Sì. Il messaggio importante sulle limitazioni alla pubblicità di quello che io chiamo "gioco d' azzardo legalizzato". Anche se...». Anche se? «C' è anche qui il problema della soluzione scelta. Va bene combattere il problema, ma non è sufficiente. Se bastasse vietare la pubblicità per risolvere il problema della ludopatia sarebbe bello, ma purtroppo non è così. Serve più coraggio...». Cosa intende per più coraggio? «La ludopatia va prevenuta. Come? Copiando dai paesi più avanzati. Ci sono nazioni europee che confinano le macchinette in sale da gioco specializzate, dove puoi giocare e dove sono presenti esperti e psicologi che, in caso di bisogno, certificano il problema e impediscono al soggetto di entrare in quei luoghi. Ma se le slot sono nei bar e nei locali, non puoi mica impedire a chi soffre di ludopatia di entrarci... Mi auguro che anche questa parte della legge che, ripeto, mi sembra la migliore, venga fortemente modificato in Parlamento». di Fabio Rubini