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Paolo Becchi, i 49 milioni della Lega: "Perchè Salvini in tribunale può vincere"

Matteo Legnani
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Che certa magistratura in Italia faccia politica non è una novità. Dopo essersi accanita per anni contro Berlusconi ora tocca a Salvini e al suo partito. Sotto inchiesta come ministro per aver cercato di bloccare l' immigrazione clandestina, ma anche sotto inchiesta il suo partito per i conti della vecchia gestione. C' è chi sostiene che per questa ragione Salvini fonderà un nuovo partito, partendo dal fatto che Tribunale del riesame di Genova darà ragione alla Cassazione. Ma la Cassazione ha commesso, come mostreremo in punta di diritto, un errore grossolano. Ci riferiamo, ovviamente, alla decisione della Corte suprema su quei famosi 49 milioni di euro che la vecchia gestione del partito avrebbe utilizzato per finalità differenti da quelle consentite dalla legge. Le sentenze di condanna parlano di comportamenti illeciti degli imputati, in particolare dell' ex segretario federale Umberto Bossi, che in concorso con altri soggetti si sarebbe appropriato del denaro della Lega Nord proveniente «dalle casse dello Stato», «per coprire spese di esclusivo interesse personale», suo e «della sua famiglia». Leggi anche: Salvini indagato, Paolo Becchi: "Basta parole, cosa deve fare subito il governo con quel pm" Vero o non vero ora non ci interessa. Questo dicono le sentenze e a questo dobbiamo attenerci. Alla pena detentiva di due anni e tre mesi comminata all' ex segretario federale segue anche la pena della confisca, che è un istituto giuridico particolarmente complesso. Occorre distinguere due tipi di confisca, quella principale (o diretta) da quella equivalente (o subordinata). La prima, detta anche "in rem" (cioè diretta alla "cosa"), si applica e si riferisce al denaro della persona fisica, a quello dell' ente di cui questa è legale rappresentante, in tal caso il partito, e anche a quello di terzi che custodiscono le somme "incriminate". In buona sostanza, questo tipo di confisca fa riferimento all' intera massa monetaria nella disposizione dell' ente medesimo. Il secondo tipo di confisca, detta anche "in personam", si applica nei confronti delle persone fisiche che hanno commesso il reato e consente di confiscare il valore corrispondente al profitto a carico di tali soggetti, fino al soddisfo. Una specie di pignoramento di tipo civilistico dove il creditore insegue il debitore fino a quando non gli viene ripagata l' intera somma dovuta. Soggetti e beni - Nel caso di specie, cioè quello riferito a Bossi, Belsito e Bossi jr, le sentenze fanno riferimento a comportamenti illeciti da parte degli imputati - lo ripetiamo - «per coprire spese di esclusivo interesse personale». Quindi Bossi e gli altri imputati agirono esclusivamente per interessi personali. Il bandolo della matassa non lo si può però sbrogliare se prima non si comprende un aspetto giuridico fondamentale. La confisca del primo tipo, quella diretta, non si può riferire a tutte le somme presenti e future che sono o saranno inserite nei conti correnti dell' ente (quindi in questo caso del partito), ma solo a quelle accertate al momento del sequestro, che deve essere considerato come un atto che anticipa gli effetti della confisca. Il fatto che il denaro sequestrato corrisponda ad una minima parte dell' importo da confiscare, rende "impossibile" la confisca diretta consentendo quella equivalente, cioè quella rivolta "in personam". Ma questo tipo di confisca è applicabile solo nei confronti dei soggetti responsabili dei reati. Restano fuori i beni (quindi anche il denaro) riconducibili al partito che non furono sottoposti a sequestro durante la fase antecedente la chiusura delle indagini. A poter essere confiscati, quindi, sono i soli beni del partito già sottoposti a sequestro (confisca in rem), e, se non sufficienti, quelli dei soli soggetti ritenuti responsabili dei reati (confisca in personam). Le conseguenze - La Suprema Corte ha commesso un errore mescolando i due tipi di confisca e estendendo gli effetti dell' una lì dove l' altra non vi arrivava. Un errore clamoroso che non trova nessun appiglio nella giurisprudenza consolidata. È incredibile che nessuno sinora abbia richiamato l' attenzione su questo, che è il punto veramente importante. Non ci resta dunque che sperare che il Tribunale del riesame, che dovrà prendere l' ultima decisione nei prossimi mesi, sappia applicare le disposizioni di legge seguendo non l' interpretazione della Cassazione, ma quella che abbiamo cercato di abbozzare in questo articolo. Diversamente, si creerà un precedente molto pericoloso non solo per altri partiti, ma anche per casi analoghi che interessano i comuni cittadini. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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