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Manovra, il retroscena: il governo si sente "accerchiato" e Matteo Salvini diserta il vertice con Conte e Tria

Cristina Agostini
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Il governo si sente "accerchiato". Come rivelano alcune fonti del Tesoro dopo la diffusione sui dati Istat e la nuova lettera da Bruxelles sul debito il timore è che una crescita azzerata a fine 2018 non potrà certo crescere fino all'1,5 nel 2019, come invece il premier Giuseppe Conte, il ministro Giovanni Tria e i due vicepremier hanno previsto nella manovra. E di conseguenza anche il deficit non sarà del 2,4 ma oltre qualsiasi soglia di allarme.  Leggi anche: Manovra, il siluro sull'Italia. La lettera Ue che asfalta Tria E ieri martedì 30 ottobre, riporta Repubblica in un retroscena, è cominciata la retromarcia del governo giallo-verde. Luigi Di Maio ha annunciato che reddito di cittadinanza e "quota 100" - seppure irrinunciabili - "saranno inseriti in un decreto che faremo subito dopo la legge di bilancio". Insomma, non si faranno subito. Come ha confermato Tria alla delegazione di deputati guidata dal presidente della commissione economica dell'Europarlamento Roberto Gualtieri (Pd): il deficit scenderà se alcune misure tarderanno ad entrare in vigore. Resta l'"accerchiamento". La Commissione vuole conoscere i "fattori rilevanti" in grado di giustificare la scarsa riduzione del debito italiano che viene definito "vulnerabilità cruciale".  Per questo, rientrato dalla missione in India, il premier ha convocato un vertice urgente con i ministri Tria, Toninelli e Fraccaro a cui avrebbero dovuto partecipare anche Giancarlo Giorgetti. Invece la Lega ha disertato l'incontro perché considera la manovra un pacchetto "ormai chiuso". Ma a porte chiuse, il governo è al lavoro per sforbiciare nella maniera meno eclatante possibile il fondo coi 16 miliardi destinati alle due misure.

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