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Tav, Matteo Salvini: "Tiro dritto, si va a casa". Luigi Di Maio insulta: "Irresponsabile"

Davide Locano
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La decisione finale ancora non c'è. Il premier Giuseppe Conte chiede ancora un supplemento di riflessione. «Scioglieremo la riserva lunedì, dateci tempo». Ammette che sui bandi da lanciare fra tre giorni, pena il venir meno di 300 milioni di finanziamenti europei, «c' è oggettivamente uno stallo». Però, più di una volta, nella conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi, con una tensione che alla fine ha la meglio perfino sul suo carattere sempre prudente e diplomatico, Conte per la prima volta fa trapelare la sua contrarietà alla Tav. «Io stesso ho manifesto al tavolo, non muovendo da nessun pregiudizio ideologico, forti dubbi sulla convenienza della Tav. Non sono affatto convinto che questo sia un progetto infrastrutturale di cui l' Italia ha bisogno». Idea del tutto opposta a quella del vicepremier Matteo Salvini. Che in serata, ospite a Rete4 è stato chiarissimo: «Abbiamo speso dei soldi per scavare chilometri di tunnel sotto una montagna. Nessuno mi farà cambiare idea. Vado fino in fondo, vediamo chi ha la testa più dura nel governo». Quindi: «Per quello che mi riguarda, si fa», assicura il ministro dell'Interno. Leggi anche: Tav, Conte getta la maschera e si schiera coi grillini Conte, dal canto suo, ad una giornalista che gli fa notare come cancellare accordi internazionali ratificati più volte significhi far perdere credibilità al Paese, risponde, piccato: «Mi guardi negli occhi: la credibilità non si dimostra se si dice sì a tutto, ma se si portano argomentazioni forti». Si alza, infila l' uscita, se ne va. Una stizza che mai si era vista nel premier, nemmeno durante il braccio di ferro con l' Europa sul bilancio. All' inizio aveva portato argomenti precisi a difesa del "no". C' è una «iniqua ripartizione» delle spese. E ha smontato anche il beneficio che verrebbe dal passaggio alle rotaie: «Il cambio modale è modesto». Poi c' è il problema dei tempi. Impossibile, ha osservato, che l' opera finisca nel 2030. «C' e' il rischio che si riveli poco funzionale rispetto al sistema dei trasporti con cui avremo a che fare». POLITICI, NON TECNICI Ha raccontato del vertice di ieri. «Quando gli esperti si sono allontanati, abbiamo fatto una valutazione politica, cui spetta decidere, sennò ora al mio posto ci sarebbe un tecnico. La politica con la P maiuscola si assume onori e oneri della decisione». Ha ammesso che l' altra notte «si sono confrontati diversi orientamenti politici che restano tuttora contrapposti. Da una parte la Lega favorevole, dall' altra il Movimento che ha contrarietà». Detto questo, «non permetterò che pregiudizialmente si affermi una o l' altra».Tocca alla politica decidere, rilanciando la palla ai due azionisti, ma anche a se stesso e a una improbabile «interlocuzione con Francia e Ue, per condividere i dubbi». Anche se è complicato che Emmanuel Macron sia disponibile a una chiamata del governo italiano dopo i tanti scontri degli ultimi mesi. Per far capire cosa abbia fatto pendere la bilancia del premier sul "no" alla Tav, basta riavvolgere il film della giornata. In mattinata l' ambasciatore francese Christian Masset varca la porta di Palazzo Chigi. Non incontra il presidente del Consiglio, che nel frattempo va alla Camera. Viene ricevuto dal suo consigliere diplomatico, l' ambasciatore Pietro Benassi. Si parla delle conseguenze diplomatiche, giuridiche ed economiche di un no alla Tav. L' uomo di Conte vuole mettere in sicurezza i rapporti con la Francia, capire se un no all' opera può comprometterli. È ORA DI DECIDERE Verso le 11 da Palazzo Chigi parte una telefonata a Telt, la società italo-francese che si occupa della realizzazione della Tav. Il dg Mario Virano prende il primo aereo per raggiungere Roma e incontra il premier nel pomeriggio. «O si fanno i bandi lunedì o possiamo dire addio ai finanziamenti», gli dice. Nel frattempo, a pranzo, Conte vede Fico. Quaranta minuti in cui il presidente della Camera gli spiega che non intende, per salvare il governo, cambiare idea sulla Tav. Che il Movimento è in larghissima parte con lui e che su questo sono tutti uniti. «Anche Luigi». Il premier, da avvocato, capisce. Non può andare oltre. Non a caso, dopo la conferenza stampa, Di Maio ringrazia Conte per le «parole di responsabilità». E a sera ribadisce la trincea: «Per noi i bandi devono essere sospesi proprio perché stiamo ridiscutendo l' opera, come previsto dal contratto», dice all' assemblea dei gruppi parlamentari. Poi Di Maio e Salvini vanno al Quirinale. Ma, dopo il muro di Salvini sulla Tav, Di Maio sottolinea: «Oltre a forzare una violazione del contratto minaccia pure di far cadere il governo? Se ne assuma le responsabilità di fronte a milioni di italiani. È un comportamento irresponsabile». di Elisa Calessi

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