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Matteo Salvini punta a Palazzo Chigi, il retroscena: venti di crisi, Giuseppe Conte media col M5S

Cristina Agostini
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Venti di crisi soffiano sul governo giallo-verde. Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono sempre più in bilico sulla via della seta. A una settimana dalla firma tra il presidente cinese Xi Jinping e il ministro dello Sviluppo economico il clima è tesissimo. "Salvini va all'attacco per strappare una patente di affidabilità agli Stati Uniti e a Bruxelles, utile dopo le elezioni europee per tentare la scalata a palazzo Chigi...", si mormora nel M5s, secondo quanto riporta Il Messaggero in un retroscena. Un vero e proprio braccio di ferro che potrebbe finire solo con un compromesso: il memorandum non cambia ma il leader della Lega ottiene il potenziamento del golden power nella prospettiva di tagliare fuori le cinesi Huawei e Zte dall'appalto per la rete 5G. Leggi anche: "La priorità è il Sud". Di Maio getta la maschera. Salvini, ecco il tuo alleato: finisce qui? Dopo il pranzo al Quirinale con Sergio Mattarella sembra  che la questione sia risolta. Il presidente infatti, ottenuta la garanzia per rassicurare Washington che dall'accordo è esclusa la rete 5G, dà via libera al memorandum che il premier Giuseppe Conte aveva provveduto a rendere potabile "inzeppandolo di regole molto più severe e stringenti di quelle adottate dall'Unione europea". Di Maio è soddisfatto ma poco dopo Salvini riapre la partita dando incarico ai suoi di individuare i protocolli, allegati al memorandum, da stralciare "per ragioni di sicurezza nazionale". Da qui comincia a circolare la voce della crisi. Conte comincia a fare un giro di telefonate. Chiama Salvini: "Nella telefonata il vicepremier ha garantito che non esiste alcuna minaccia di crisi", fanno sapere da palazzo Chigi. "Da qualche tempo, soprattutto dopo il viaggio di Giorgetti negli Stati Uniti, il leader della Lega è diventato un campione dell' Atlantismo. Forse si deve far perdonare la sua amicizia con Putin per poter ambire a palazzo Chigi...", dicono i 5 stelle. Poi un'altra telefonata, questa volta tra Di Maio e proprio Giorgetti: "Il memorandum si firma così com'è". Infine il mezzo chiarimento che però non stempera la tensione.  

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