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Giuseppe Conte, ribaltone di governo. Retroscena da Palazzo Chigi: sta con Salvini e frega Di Maio

Giulio Bucchi
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Il lunedì non porta pace. Dopo un week-end di scontri a distanza tra Lega e M5S sulla flat tax alle famiglie, la proposta annunciata da Matteo Salvini, ieri si è ripreso. Ha riaperto il fuoco il leader della Lega, di prima mattina, ricordando che l' operazione è nel contratto di governo e che bastano 12-15 miliardi per quella che lui definisce una «rivoluzione epocale». «Con una cifra inferiore ai 15 miliardi, quindi poco più di quello che si investe per il reddito di cittadinanza», ha precisato, con voluta malizia, «si dà un aiuto fondamentale alle imprese e alle famiglie. Sono convinto che i minori introiti del primo giorno saranno maggiori introiti del secondo giorno. Le coperture ci sono perché quando l' economia corre, lo Stato incassa». Leggi anche: "Perché Salvini non mollerà". Senaldi dalla Merlino, la verità sulla Flat tax Quanto allo studio del Mef diffuso nei giorni scorsi secondo cui costerebbe circa 60 miliardi, il vicepremier ha ricordato come via XX Settembre «ha smentito qualsiasi simulazione: i numeri che ho letto sui giornali hanno l' attendibilità di Topolino». E al ministro Barbara Lezzi, che l' aveva definita una proposta irrealizzabile, ha risposto così: «Si occupi delle regioni del Sud che hanno bisogno di qualcuno che lavori a tempo pieno». Non cede il vicepremier e insiste: «Stiamo lavorando giorno e notte per sbloccare i cantieri e ridurre le tasse anche alle famiglie e alle imprese, mi stupisce lo stupore di qualcuno. Io non ho tempo per fare polemica o per insultare». Luigi di Maio, che domenica era stato molto duro, ieri ha provato ad ammorbidire i toni: «Sulla flat tax c' è una polemica che non ha senso. È nel contratto di governo, il contratto si rispetta e troveremo una soluzione. Chiedo solo di rimanere nella realtà. Diciamoci quanto costa, poi, come abbiamo fatto per il reddito e quota 100, la faremo». Ma tra i suoi, però, c' è poca voglia di smussare. Cresce l' irritazione per una mossa che si teme possa di nuovo avvantaggiare la Lega a scapito del Movimento. «Non siamo contro, quello che abbiamo detto è si dovrebbe evitare di fare annunci alla Berlusconi, come se fosse fattibile domani e già pronta. Non è così, va fatto almeno uno studio di copertura economica», ha detto Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, ospite di "Un giorno da pecora". «Salvini tende sempre a semplificare un po' troppo le cose». E non è l' unico. Premesso che il contratto è sacro, «il dubbio è esclusivamente sui costi», ha detto la deputata del M5S Sabrina De Carlo. Come al solito chi cerca di evitare che la guerriglia si trasformi in conflitto pericoloso è il premier Giuseppe Conte. La flat tax, ha detto dando una mano a Salvini, «è un impegno preso con gli elettori, poi trasfuso nel contratto di governo, che porteremo a termine». L' ideatore del progetto è il sottosegretario Armando Siri che lo sta mettendo a punto in vista della manovra in autunno. «La simulazione del Mef», ha chiarito Siri, «prende le mosse dalla flat tax come è stata immaginata a regime. Stiamo parlando di un progetto molto diverso. La fase 2 della flat tax che abbiamo in mente noi, punta ad applicare fino a 50 mila euro di reddito il 15% di aliquota fissa con le deduzioni che sono inversamente proporzionali al reddito». Un' operazione che costerebbe intorno ai 12-15 miliardi. E oggi il sottosegretario leghista alle Infrastrutture sarà ricevuto dal ministro dell' Economia Giovanni Tria, al ministero, proprio per fare il punto sulla flat tax. Giorgia Meloni propone di partire dal progetto di Fratelli d' Italia: «Subito 15 per cento su maggiore reddito dichiarato rispetto all' anno precedente in modo da estendere la base imponibile nazionale». Per Zingaretti, neosegretario del Pd, è «un' altra balla».

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