25 aprile, Scalzone: "Nelle piazze Anpi non mi ritrovo"
Roma, 22 apr. (AdnKronos) - "In piazze e cortei di 'Nuova Anpi' dove aleggiano gli Smuraglia non mi ritrovo neanche per fischiare o come presenza critica o contestatrice. Di Torre Maura o di impatti con i Cpr, veri lager in attesa di rinvii a quelli di Libia o di ‘accoglimento' come carne da lavoro semi-schiava; oppure di necessità di gesti di azione diretta, di solidarietà concreta con occupazioni di case, fabbriche, tetti di capannoni 'logistici', ed altro e altro ancora, ne nascono ogni giorno. Ecco, lì è il nostro 25 aprile: campo di battaglia concreta e non di celebrazioni da museo, peggio che niente". A parlare è Oreste Scalzone, leader storico degli anni '70 e co-fondatore di Potere Operaio, che all'Adnkronos affida un lungo ragionamento sul 25 aprile in vista dell'imminente 74esimo anniversario della 'Liberazione'. Il 25 aprile 1945? "Credo che in quella mattina tanti insorti pensassero come di vivere il sogno di star liberando la vita, non solo da un Ordine costituito, un regime, una quotidianità stenta e soffocata - dice Scalzone - Tuttavia, 25 aprile d'un anno dopo, è già tutt'altro. Ricorrenza, celebrazione, museo. E tanta continuità nel profondo di una sorta di successione". Quanto al "fascismo" di oggi, "rivendicato o 'cripto-', che è sempre più e più spesso esibito come 'sulla cresta dell'onda', che 'ha preso il sopravvento' nella vita quotidiana, nelle strade e piazze, nei comportamenti, nella microfisica delle relazioni, non si tratta di un 'fantasma memoriale'", dice Scalzone, ma di "una modalità di esserci, assai trasversale". E di questo è un riscontro "il fatto che, non appena dei ragazzi o ragazze più o meno spontanei o ingenui fanno anche solo un accenno di menar le mani in contrasto, e non di reclamare interventi dall'alto, diventino subito non solo i 'guastafeste' ma, in crescendo, i maledetti, provocatori, canagliume e peggio, 'impensabili' se non sottocopie sub-umane di una sorta di entità demoniaca… ". Ecco allora che per Scalzone "da quei pulpiti, da quei palchi celebrativi, in realtà si sostiene il trasversale punto di vista per cui 'ciò che è legalmente costituito è di fatto legittimo' o come se, e il conformarvisi è dovuto, salvo operare per modificare la legge". L'ex leader di PotOp la chiama la "dottrina-Kappler'". Da qui alle conclusioni il passo è breve: "Se, all'osso, anche senza alcuna residua speranza che sarebbe autoillusionistica, l'estremo attestarsi è il 'mi ribello, dunque siamo'..., non c'è che da mettersi in gioco direttamente in una lotta senza quartiere, come si può, con ciò che ci resta e si trova a disposizione, 'unghie e denti', mani e voci nude, senza elucubrazioni di 'strategie e tattiche, giochi di sponde e piani sul Futuro…'. I ‘qui ora' (e sennò, quando?) si vanno già moltiplicando". NOTRE DAME, "NON DATE LA COLPA A UN OPERAIACCIO, IL CASO ESISTE" - Scalzone, che a Parigi ha vissuto da latitante per qualche decennio grazie alla "dottrina Mitterand", e che ancora oggi si divide tra l'Italia e la capitale francese, parla anche di quanto accaduto a Notre Dame. "Notre Dame? La casualità ben più che la causalità determina e spiega tanti ‘fatti e cose', a dispetto di chi pensa in termini di 'colpa' come respira. Si prova già dalle più diverse bande a buttar la colpa sui gilet gialli, i preti pedofili, gl'immigrati fuggiaschi, il Diavolo e il Buon Dio, e, almanaccando fra 'colposo' e 'doloso', magari all'ultimo 'operaiaccio' uscito dal cantiere che forse per incuria non ha osservato regole di sicurezza - dice Scalzone - A me, piuttosto, ciò che colpisce dell'incendio della cattedrale di Parigi è la ripetizione ossessiva di quelle immagini, perché la loro riproducibilità tecnica infinita non mi pare sostenibile per psiche umana: talché, nel prodursi in crescendo di questo, non si riesce a vedere uno scampo per la specie". "Attorno alle 19 di lunedì 15, ora topica dei telegiornali della sera, gli schermi televisivi di tutto il mondo si sono messi a mandare all'unisono una sequenza - argomenta Scalzone - Miliardi di occhi tra i salottini buoni e le baracche delle bidonville o delle favelas, con le paraboliche tutte uguali, a osservare le stesse immagini. Scommetto che i miliardi di occhi erano sbigottiti, esterrefatti, perché nella continua sovrapposizione anzi nella interpenetrazione di reality show, di remake e di fiction tutto porta a restare sgomenti e sbigottiti". Secondo Scalzone, "oggi la peste del cospirazionismo, che è sempre la stessa nella forma, a partire da interessi, passioni e desideri più diversi, continua a secernere deliri in cui ognuno in realtà afferma sospetti o verità assolute semplicemente per come, per così dire, 'gli tira il culo', con i conti che vuol regolare…", spiega. "Sarà una coincidenza - prosegue il fondatore di PotOp - ma in Francia 'stavolta devono aver deciso di tenere in casa il ministro degli Interni Castaner: quello sarebbe riuscito a lanciare il sospetto sui gilet jaunes, e non scherzo. Altri penseranno, anzi già parlano, di un 'castigo di Dio', una punizione contro il cardinale condannato da un Tribunale della République come omertoso sui prelati devastatori di bambini... Ci si era appena messo anche Ratzinger (e non è da lui) rinviando tutto al maligno '68. E subito un certo Mauro, ultra-letto nei social, sosterrà invece che è Ratzinger il capo di una setta mondiale demoniaca, maledetta. Qualcuno risalirà ai Templari, ad altri misteri di misteri su misteri, altri vanno trovando che occorre prendersela con i migranti fuggiaschi che poi sarebbero comparse di un complotto 'demo-pluto-giudaico massonico' capeggiato da un certo Soros, che punterebbe a un genocidio per sostituzione per eliminare chissà perché la cosiddetta razza bianca...". "Mi sembra un disastro, uno sfacelo, il fatto che, dai punti di vista e di vita più diversi, ci si scateni a spargere fiele, sprezzo, sindacando sulle emozioni, sul senso di ‘lutto', magari opponendone in modo normativo altre emozioni, lutti più giusti. Il punto è l'assurdo di voler fare la polizia delle emozioni. Potrei continuare - prosegue Scalzone - Ma quello che chiedo è: quale scampo può esserci a tutto questo, questo sfacelo mentale, psicosomatico, della specie parlante i cui esemplari nati prematuri non potrebbero sopravvivere tre giorni senza le protesi della conoscenza, e devono imparare appena oltre il respiro il sopravvivere e il vivere come mestiere. Si è arrivati - dall'alto, dal basso, in un rapporto che i greci chiamavano oclocrazia, il circolo vizioso tra il più re dei re, oppure un più piccolo vassallo, e la folla ridotta a popolaccio - , e la prima idea, la prima e ultima, che viene in mente, è che ognuno si sente vittima innocente e non può che pensare in termini di colpa e punizione... E' qui, a mio parere, nella riproducibilità tecnica infinita di tutto questo, che non si riesce a vedere uno scampo per la specie".