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Matteo Salvini, il suo piano di battaglia da Nord a Sud con Meloni e Berlusconi. Luigi Di Maio senza scampo

Cristina Agostini
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Dopo aver ribaltato - con l' exploit delle Europee - il risultato del 4 marzo di poco più di un anno fa, ha scelto il pressing asfissiante a tutto campo: sicurezza, pace fiscale, Tav, sblocca appalti, autonomia, stralcio del Salva-Roma, Rai e "appalto" delle trattative con l' Europa. Il cronoprogramma di Matteo Salvini versione sprinter costringe già Luigi Di Maio, ancora convalescente dal salvataggio in "rete", a un vero e proprio stress-test, sottoposto ai dossier più difficili da far digerire in casa 5 Stelle. Tolto dal mazzo in pochi minuti il jolly del caso Rixi, in Lega del resto non vedono ostacoli all' agenda del fare sancita dal "referendum" del 26 maggio. Con i nuovi equilibri il rischio adesso è tutto loro: se i grillini cedono alla road map, l' Opa sul programma completa il capolavoro tattico del leghista. Se, come si è visto ieri sul giallo della lettera di risposta all' Ue, l' intesa rischia di sbattere ad ogni curva a gomito, il Capitano ha già pronto un dispositivo per portare - senza patemi e in tutta sicurezza - il destra-centro al governo della Nazione. Ma andiamo con ordine.  Quando Salvini ripete che non tornerà un centrodestra old style, al di là delle suggestioni, non pensa a una "corsa solitaria", velleitaria con un sistema elettorale nel quale pesano i collegi uninominali, che significano la possibilità di avere o non avere una maggioranza al Senato e alla Camera. Ciò che immagina, semmai, è rifondare una coalizione nella quale il Nord e il Centro siano saldamente presidiati dalla "sua" Lega con l' aiuto dei Fratelli di Giorgia, radicati nell' Italia centrale e ormai integrati anche nel Settentrione produttivo, e con un Sud che deve essere ancora definitivamente "espugnato" e che paga lo scotto di un' ondata grillina indebolita ma ancora vitale. Leggi anche: Il governo è a rischio? Occhio al dato sul "ribaltone". Pagnoncelli, il sondaggio-bomba: Salvini è avvisato LA SIMULAZIONE - A rendere plastica la circostanza ci ha pensato Youtrend che ha elaborato i risultati delle Europee proiettandoli nello scenario di possibili elezioni nazionali. Se Matteo e Giorgia - come dimostra la simulazione - viaggiano sulle ali del sovranismo, è proprio il Sud il punto di debolezza, quello che rafforza la necessità di sfumare il giallo grillino restituendolo all' azzurro dei tempi migliori. O "bleu Marine" dei tempi nostri. Che fare dunque? Ecco la ricetta che gli sherpa salviniani stanno mettendo a punto per rendere sicure le "due gambe": tornare al "doppio forno" di coalizione, ma stavolta a dare le carte, anzi ad armonizzare, sarà Matteo. In che senso? È qui che riemerge - riadattata - l' intuizione che permise nel '94 il miracolo del primo governo Berlusconi: un' alleanza capace di tenere i due assi della Nazione. Se al Nord il "Polo della libertà" si gioverà dello strappo di Giovanni Toti, la vera partita, quella tutta da costruire, si gioca nel Mezzogiorno. E qui l'"uomo giusto" che può mettere a disposizione un patrimonio di storia personale e la credibilità per arginare il M5s nella loro "roccaforte" è solo il governatore siciliano, Nello Musumeci. L'ex missino catanese, che non è mai stato berlusconiano ma che è sempre piaciuto a Berlusconi, è l' unico ad aver stoppato le ambizioni di Luigi Di Maio che sperava, nel 2017, di fare partire dalla Sicilia la sua corsa a Palazzo Chigi. La Sicilia, grazie all' unione di tutta la coalizione attorno a lui, è stata la prima Regione ad aver rilanciato il centrodestra in una formula nuova, a trazione non più centrista ma con un candidato espressione del territorio, alla guida di un movimento, #DiventeràBellissima, sostenuto per primi da Giorgia Meloni e Matteo Salvini. SICILIA AL CENTRO - Dal suo insediamento Musumeci ha portato la voce del Sud a Pontida, ha rivendicato l' autonomia della responsabilità contro quella dei privilegi, ha duellato con Toninelli sugli investimenti e sulle infrastrutture, ha recuperato tutta la spesa comunitaria e, dopo aver ereditato il disastro lasciato dal Pd di Crocetta, ha respinto al mittente ogni possibile spostamento dell' asse politico della Regione verso sinistra. A Corleone - il 25 aprile scorso - e poi nel giorno dell' anniversario di Capaci, ha parlato lungamente con Matteo Salvini e con il suo "proconsole" siciliano Stefano Candiani. Infine il boom leghista, in Sicilia sopra il 20%, ha mostrato ancora di più le potenzialità dell' alleanza, magari proprio con la riedizione di una sorta di "Polo del buon governo", che metta al centro i temi della rinascita del Sud: infrastrutture, investimenti, beni culturali, turismo, agricoltura. Insomma, un Mezzogiorno produttivo che si contrapponga all' idea del «compriamo il Sud» con il reddito di cittadinanza di marca grillina. I numeri sono tutti dalla parte della costruzione di questo "polo", ideato e immaginato già oltre tre anni, tanto che a Roma ci fu un incontro riservato proprio tra il leader della Lega e Musumeci. Toccherà a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni decidere con quale formula presentarsi in caso di elezioni: se coinvolgere tutto l' ex centrodestra oppure se aprire ad una federazione territoriale capace di fare cappotto al Nord e in tutti i collegi del Meridione. Intanto Musumeci, l' uomo del Sud, fa proseliti. In Sicilia e non solo. Il 15 giugno a Palermo ha scelto la piazza per una iniziativa forte: "La Sicilia protagonista del Sud". È già più di un programma. di Antonio Rapisarda

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