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M5s peggio del Pd, ecco tutte le correnti: Luigi Di Maio destinato al fallimento

Davide Locano
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Diversità, come no. M5S ha ereditato tutti i tic tipici dei partiti della Prima e della Seconda Repubblica. Uno su tutti è il correntismo. Quando tutto va bene sono uniti. Appena le cose si mettono storte, nel Movimento emergono le divisioni. Organizzate più o meno strutturalmente in correnti. Di base ci sono tre aree, i pragmatici, gli ortodossi e i movimentisti. Che fanno capo ad altrettante leadership. Due attive, quelle di Di Maio e Fico, e una "dormiente", quella di Di Battista. Le anime diventano cinque, se si contano anche i fedelissimi di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Pur se dimezzato dalla sconfitta elettorale, comanda ancora il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, mentre il presidente della Camera guida l'opposizione interna. Dibba è in panchina. Pronto a rientrare se le circostanze dovessero richiederlo. Di Maio è il capo politico dei grillini, ma non ha vinto un congresso democratico. È stato scelto sì dalla base, ma su indicazione di Beppe Grillo e Davide Casaleggio, con le metodologie discutibili che si conoscono. La sua leadership ha i piedi di argilla. Leggi anche: 2 giugno, lo schiaffo di Roberto Fico agli italiani È vero, la piattaforma Rousseau ha detto altro. E cioè che Giggino godrebbe di una maggioranza bulgara all' interno del partito. In realtà quando si domanda ai militanti chi vorrebbero come leader, viene fuori tutt' altro scenario. Un recente sondaggio di Gpf Ispiring Research aveva fotografato una divisione profonda. Il 21,6 per cento è per Di Maio leader, ma alla pari con Di Battista (21,4). Segue Fico con il 19,2. Che la leadership dimaiana non fosse solida si era già capito. Non serviva la Caporetto delle Europee. Sarebbe bastato osservare la confusione che regna sovrana nei gruppi parlamentari, divenuti fabbriche di iniziative anti-governative. Specie anti-Salvini. In alcuni casi deputati e senatori giocano di sponda con il vice premier, altre volte Di Maio ne viene a conoscenza a cose fatte. Volendo disegnare una geografia delle aree interne al M5s, emerge che i fedelissimi di Di Maio sono quelli che al momento occupano i posti di comando più importanti. Il capo politico ha piazzato i suoi uomini nei ministeri: Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro, Danilo Toninelli, Giulia Grillo, Vincenzo Spadafora. Ma ha dovuto lasciare al suo alter ego la carica istituzionale (al vertice di Montecitorio avrebbe voluto Fraccaro). Da presidente della Camera Fico ha una posizione importante da cui insidiare la leadership del suo corregionale. Lo fa in prima persona e lo fa fare ai suoi fedelissimi (Paola Nugnes e Luigi Gallo). L' obiettivo dichiarato sono quasi sempre Salvini e la Lega. Ma il bersaglio reale è Di Maio. E la sua linea politica. Ogni tanto si fa sentire Dibba, che si è tenuto fuori dalla campagna elettorale. L' area che fa capo al leader movimentista (tra gli altri, ne fanno parte Manlio Di Stefano, Maria Edera Spadoni, Paola Taverna e Roberta Lombardi) è in stand-by. Ma pronta a scendere in pista in caso l' esperienza governativa dovesse finire anzitempo. Da come si orientano Max Bugani, Pietro Dettori e Stefano Buffagni si può invece intuire quale sia l' umore di Davide Casaleggio. Carla Ruocco e Nicola Morra, infine, sono gli scudieri di Grillo. di Salvatore Dama

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