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Matteo Salvini, 15 giorni di fuoco: rivolta leghista contro il M5s, "non li sopportiamo più"

Davide Locano
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A Roma il clima è sempre più teso. Il grado di tolleranza tra deputati e senatori della Lega nei confronti dei loro colleghi a Cinquestelle è ai minimi storici. «Non li sopportiamo più. È quasi una questione fisica, ormai», si lascia andare al telefono un deputato leghista. E ogni giorno che passa crescono le pressioni affinché Matteo Salvini stacchi la spina a un governo che sta più tempo a litigare che a produrre. Anche per questo ieri mattina il leader del Carroccio, dai microfoni di Rtl, ha lanciato un ultimatum ai compagni di viaggio: «La mia volontà ad andare avanti c' è, ma se mi dovessi accorgere che tra quindici giorni ci ritroviamo qui a dirci le stesse cose, con gli stessi ritardi e gli stessi rinvii, allora sarebbe un problema». Parole doppiate da quelle di Giancarlo Giorgetti, che a margine di un convegno ha ribadito un concetto già espresso duramente in campagna elettorale: «O ci si dà un metodo di lavoro o è veramente difficile perché le sfide che ha davanti il Paese sono serie e importanti, già da domani». Insomma alla tenuta del governo, probabilmente non ci crede più nemmeno la Lega, che però domenica è impegnata in tredici ballottaggi e prima di rompere, Salvini, vuol rafforzare ulteriormente la sua posizione sul territorio. Con un altro risultato clamoroso il leader della Lega metterebbe definitivamente con le spalle al muro l' amico-nemico Di Maio. Leggi anche: Mannheimer spaventa Salvini: perché la Lega può perdere molti voti PRIORITA' L'ECONOMIA Intanto i vertici del Carroccio stanno lavorando su diversi fronti. Il più importante è quello fiscale: anche ieri i contatti fra Tria e i responsabili economici della Lega sono stati costanti. L' obiettivo dichiarato è quello di evitare una manovra lacrime e sangue che potrebbe mandare a quel paese non solo i progetti di Flat Tax, ma anche mettere a rischio le percentuali stratosferiche raggiunte alle Europee. Il tema economico, del resto, è quello sul quale Salvini ha puntato forte in campagna elettorale e quello sul quale è tornato anche in un' intervista in edicola su "Chi": «Adesso rimbocchiamoci le maniche, la sfida è quella fiscale. Tagliare le tasse è fondamentale per la crescita. E ci auguriamo che funzioni davvero». Sempre nell' intervista è tornato a parlare della sua fede per la Madonna: «Vorrei fare il cammino di Santiago e presto andrò a Pietralcina» e della sua relazione con Francesca Verdini: «Stiamo insieme da tre mesi. Siamo una coppia come tante». ACCORDO A META' Un altro fronte importante sul quale si è lavorato ieri è stato quello dello sblocca cantieri. Dopo la riunione di lunedì sera andata a vuoto, anche quella convocata in mattinata non ha avuto miglior esito. A sbloccare la situazione è stata, nel pomeriggio di ieri, una telefonata tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. La soluzione è stata trovata con la presentazione di un emendamento che «prevede la sospensione» solo «di alcuni punti rilevanti del codice degli appalti per due anni - spiega una nota congiunta dei due gruppi -, in attesa di una nuova definizione delle regole per liberare da inutili burocrazie le imprese. Al contempo - si legge ancora nel documento - saranno garantite le soglie in vigore per i subappalti e salvaguardati gli obblighi di sicurezza per le imprese». Insomma un compromesso che, almeno sulla carta, pare al ribasso e che non accontenta nessuna delle due parti in campo. La tregua tra Lega e M5S, salvo clamorosi imprevisti, dovrebbe reggere almeno fino a lunedì. Per quel giorno, infatti, col risultato dei ballottaggi in mano, Salvini ha convocato in via Bellerio a Milano, il Consiglio Federale con all' ordine del giorno l' analisi delle elezioni. Impossibile che nel massimo consesso leghista non si parli anche della sempre più difficile alleanza con i pentastellati. di Fabio Rubini

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