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Luigi Di Maio, pronto il patto tra M5s e Pd per farlo fuori. Ad essere escluso dai dem anche Matteo Renzi

Caterina Spinelli
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A ritrovarsi da soli, alla fine, saranno Luigi Di Maio e Matteo Renzi. L' isolamento dei due leader, però, non esclude affatto un futuro matrimonio fra quel che resterà del Pd, dilaniato da risse interne, e la componente di sinistra del Movimento 5 Stelle, riconducibile a Roberto Fico, in modo da sostituire l' attuale maggioranza di governo. E il filo conduttore di questa strana storia non è solo lo scontro fra dem, ma anche il continuo calo nei sondaggi elettorali che posiziona il partito al 21,5%, pagando il prezzo per il caso di Bibbiano. Un' emorragia, quella di consensi, che il vertice del Nazareno non riesce a tamponare. Anche perché le risse sono solo apparentemente separate fra loro, viste le reazioni divergenti fra loro. Michele Anzaldi in rotta con il segretario Nicola Zingaretti per la sua battaglia contro la Rai, Davide Faraone «silurato» dalla segreteria regionale della Sicilia per le sue posizioni di rottura contro il governo in modo da far fuori i renziani, e il «solito» Dario Franceschini che «trama», stavolta a mezzo stampa, con i 5 Stelle, sono solo spezzoni di un unico film. CERCASI APPRODO A dare la stura al malessere è stata Maria Elena Boschi, rompendo l' argine e provando, contemporaneamente, a forzare la linea del partito. In parte l' operazione è riuscita, avendo fatto emergere quanto sia ancora virale l' anti renzismo degli esponenti dem, tanto da avere più forza dello stesso antileghismo, che dovrebbe essere la cifra fondamentale del Pd. Invece l' obiettivo, ancora una volta, è una spiagga sulla quale sbarcare. Dario Franceschini, con l' intervista al Corriere della Sera, ha plasticamente reso l' idea, innescando, contemporaneamente la rivolta interna al partito. Dalle parti del M5S le parole dell' ex ministro di Renzi, ed ex compagno di cordata, hanno fatto breccia. Segno che un patto fra un pezzo del Pd e una componente forte dei pentastellati c' è ed è pronto ad essere messo sul tavolo, nel caso di crisi di governo. Non solo. Franceschini, «grande elettore» di Nicola Zingaretti, non ha fatto le cose a caso, sapendo bene che avrebbe scatenato la reazione di Matteo Renzi e di tutti i renziani. L' ex ministro della Cultura, sottolineando la differenza tra Lega e 5 Stelle, inserisce i secondi in un «arco costituzionale» anti-Salvini. Ed è qui che sta la chiave di volta di tutto. «Un accordo con loro? Non con me», risponde l' ex premier. E, formalmente, non è da meno il segretario del partito: «Nessun governo con il M5s è alle porte, né è l' obiettivo del Pd». Molta tattica e poca sostanza, in realtà nelle parole di Zingaretti. E non devono trarre in inganno nemmeno le parole di Di Maio: «Siamo orgogliosamente diversi e non vogliamo avere nulla a che fare con quel partito». Nonostante le smentite, il fantasma si muove dietro le quinte, in vista di una possibile crisi di governo. Del resto se non si andasse al voto anticipato e Mattarella dovesse verificare la possibilità di una maggioranza alternativa, le opzioni in campo non sarebbero molte. Tra queste quell' intesa che lo stesso Di Maio cercò l' anno scorso con il Pd dopo il fallimento dei primi negoziati con la Lega. E che, secondo diverse fonti, sarebbe stata possibile, prima dello stop imposto da Renzi al suo partito. Stavolta sarebbe il partito a stoppare i riottosi. PROVE DI DIALOGO Non a caso Franceschini critica aspramente quella scelta, «la strategia del popcorn», che «ha portato la Lega al 35%» e danni enormi al Paese dalla politica del governo gialloverde. Carlo Calenda, da parte sua, chiede un chiarimento vero sul tema dei 5 Stelle. Nonostante tutto questo marasma Zingaretti sembra giocare di sponda con il presidente della Camera, quando critica il vicepremier leghista per non aver risposto alla richiesta di Fico di riferire in Aula sul «rubli-gate». Se non è una traccia, sicuramente è un serio indizio. Come lo è la firma per la legge di iniziativa popolare a difesa dei beni comuni, tema caro all'«ortodosso» 5 Stelle Fico. Però nessuna alleanza è all' orizzonte, assicura il segretario dem, alle prese con un Pd in ebollizione. E se lo dice lui... di Enrico Paoli

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