pentimento

Pietro Senaldi, sul piano kamikaze di Matteo Salvini: "Il suo pare proprio un suicidio". Cosa non quadra

Caterina Spinelli

A Ferragosto tutti vorrebbero starsene tranquilli. Invece siamo alle prese con questa crisi di governo della quale l' unica cosa che si capisce è che è un bordello, o per i più raffinati un rebus. Vorrà dire che, per aguzzare l' ingegno, gli italiani in spiaggia si porteranno i giornali al posto della Settimana Enigmistica. Al momento non sappiamo se abbiamo ancora un vero esecutivo, sebbene abbiamo assistito ieri alla sfilata di premier e ministri a Genova, per l' anniversario del Ponte Morandi, ricorrenza icastica. Il crollo c' è stato, ma ancora non si è dimesso nessuno. In compenso è partito il gioco del rinfaccio delle responsabilità del disastro. Stanno tutti su come il troncone incarognito e solitario del cavalcavia, abbattuto solo di recente. E pensare che un anno fa, ai funerali, i vicepremier vennero applauditi insieme. È cambiato tutto da allora, tranne l' autostrada, che ancora non c' è, e il quartiere sotto il ponte, tuttora disabitato. Ignoriamo dunque se il governo è moribondo, morto o già in via di risurrezione, casomai Salvini decidesse di accettare l' offerta di M5S di ritirare la mozione di sfiducia a Conte. Ci sono dei segnali a proposito. E tantomeno sappiamo che esecutivo avremo da settembre. I bookmaker darebbero favorita un' alleanza da brivido, Pd e M5S, ma per fare che, oltre a salvare la poltrona di renziani e grillini? E quanto durerebbe poi? Nel caos, per orientarsi conviene partire dai punti certi. Martedì prossimo il premier Conte relazionerà al Parlamento sulla sua attività. Facile prevedere che sosterrà di essere stato bravissimo. Nutriamo riserve. Se, dopo il pippone, egli non salirà al Quirinale per dimettersi, in teoria si dovrebbe votare sulla mozione di sfiducia. Peccato che Palazzo Madama non l' abbia ancora calendarizzata. Martedì La Russa, senatore di Fratelli d' Italia, aveva chiesto di farlo ma è stato respinto con perdite. Stravagante. D' accordo che è la crisi più surreale del mondo, ma non si riesce neppure a formalizzarla. Quando si vota allora? Boh. Se Salvini torna sui propri passi, probabilmente mai. Altrimenti, quando farà comodo a Pd e M5S. UNA PAUSA DI RIFLESSIONE Già nel Palazzo si inizia a parlare della necessità di una pausa di riflessione tra il discorso e il voto. Ma come, uno apre la crisi senza prima averci riflettuto? La voce arriva perfino da ambienti Lega. Già perché, dopo l' intervento di Conte, la palla ripassa a Salvini. O torna indietro, al prezzo di una figuraccia, o chiede di votare subito, e chissà quando verrà accontentato. A quel punto, benché ci sia da aspettarsi di tutto, è improbabile che egli voti contro la propria mozione, proverà a far cadere il premier. E che Dio gliela mandi buona. Sul voto di fiducia infatti si apre un altro enigma, legato agli intrighi di Palazzo in corso. Se Pd e M5S mettono a punto l' accordo sul governo giallorosso, i dem con Lega e Forza Italia sfiduciano il premier, vanno al Colle, fanno consultazioni brevi e varano il nuovo esecutivo comunista, magari anche con l' appoggio di qualche forzista finito tra le scartine e che in caso di elezioni non sarebbe ricandidato. Berlusconi benedirebbe pure i novelli responsabili azzurri, gongolando per aver messo uno zampino anche in questa ammucchiata. In qualsiasi modo lo si vesta, partirebbe un governo che punta a durare tutta la legislatura. Avrà le gambe per reggere tre anni e mezzo? È un problema successivo, intanto Salvini sarebbe fuori, esposto alla magistratura e agli umori del popolo, uso a esaltare i vincenti e abbandonare gli sconfitti. TRE STRADE Già, Salvini che speranze ha di volgere a proprio vantaggio la situazione? Nel discorso al Senato ha aperto una strada, affermando di aver lavorato bene con molti grillini. Potrebbe essere un' offerta. M5S ha dimezzato i consensi, vige ancora la legge del limite dei due mandati e in più c' è il taglio dei parlamentari in arrivo. Basterebbe una dozzina di pentastellati a cui il leader leghista fa balenare una possibile candidatura in caso di voto anticipato ed egli avrebbe i numeri per far cadere Conte. Manovra pirotecnica, ma non impossibile. L' alternativa è difendere la sconfitta, farsi mandare all' opposizione, gridare al popolo derubato del voto e scommettere sulla vita breve di un esecutivo Pd-M5S. Un cammino lungo e ricco di insidie, potrebbe sempre spuntare qualcun altro a incassare il malcontento di un esecutivo giallorosso, tutto patrimoniale, inchini all' Europa e porte aperte agli immigrati. La terza via, rifidanzarsi con M5S, non lascerebbe più il leghista libero di comandare a bacchetta Di Maio e associati come faceva fino a ieri, perfino se gli riuscisse l' impresa di piazzare ministri importanti come Giorgetti all' Economia o Bongiorno alla Giustizia. Non è la più onorevole ma è la più pragmatica. SE CONTE SI DIMETTESSE Nel guazzabuglio, per giovedì 22, il presidente della Camera Fico ha fissato il taglio dei parlamentari. La manovra puzza. Se il voto sulla riduzione si tenesse prima di quello sulla fiducia esso sarebbe una garanzia di durata della legislatura. Democratici, grillini, ma anche molti altri, ci metterebbero un secondo per allestire un papocchio che duri fino al 2023. Mattarella infatti una sola cosa ha detto su questa crisi, cioè che se il taglio passa non si va a votare prima di sei mesi. Questa è la mossa che crea più problemi al leader leghista. Ma non è finita. C' è sempre l' opzione delle dimissioni di Conte, per evitare la sfiducia. La mossa farebbe saltare il voto sul taglio dei parlamentari, con grande sollievo di tutti, specie di grillini e dem, che infatti spingono il premier verso questa scelta promettendogli mari e monti. Le dimissioni aprirebbero a due scenari: un governo politico di sinistra, se ci saranno i numeri e un minimo di programma, oppure un esecutivo di Mattarella, che parte senza fiducia, per andare a votare subito ed eleggere 945 parlamentari, non i 600 tagliati. Sarebbe l' unica soluzione che vedrebbe Salvini vincitore. Ma non dipende da lui, bensì dalle (in)capacità di inciucio di grillini e dem. di Pietro Senaldi