rousseau da rivedere

Paolo Becchi: "Ora serve un nuovo voto". Ecco cosa cambia dopo la scissione di Renzi nel Pd

Caterina Spinelli

La Rete ha sempre l' ultima parola. Questo è un punto fisso del MoVimento 5 Stelle. Sono cambiate molte cose, ma non questa. Lo scorso 3 settembre tutti gli iscritti sono stati chiamati a votare in merito ad un quesito ben preciso: "Sei d' accordo che il Movimento 5 Stelle faccia partire un governo, insieme al Partito democratico, presieduto da Giuseppe Conte?". L' indicazione è chiara e fa riferimento esclusivamente ad un partito, il Partito democratico. Sappiamo tutti come è andata a finire. Il 17 settembre avviene però un fatto nuovo. Matteo Renzi lascia il Pd e crea i suoi gruppi parlamentari autonomi, che prenderanno il nome di "Italia Viva", ai quali aderiscono sin da subito due ministri, Teresa Bellanova (Agricoltura) ed Elena Bonetti (Famiglia), più un sottosegretario, Ivan Scalfarotto (Affari Esteri). Renzi è così, anche formalmente, la terza gamba del governo. Parteciperà ai vertici di maggioranza ed influirà direttamente nell' azione dell' esecutivo, anche perché i suoi venticinque deputati e quindici senatori sono decisivi per il mantenimento della fiducia. Renzi non risponde più a Zingaretti, può fare tutto ciò che vuole, decidendo della vita e della morte del governo. Per approfondire leggi anche: Paolo Becchi critica il Movimento 5 Stelle VIA D' USCITA Qualcuno potrebbe contestare il fatto che neppure il quesito posto sulla piattaforma Rousseau il 18 maggio 2018 contenesse l' indicazione "Lega" o "Salvini". Ma il paragone non regge. A maggio dello scorso anno il quesito prevedeva espressamente la dicitura "contratto del governo del cambiamento" ("Approvi il contratto del governo del cambiamento?"), siglato personalmente da Salvini e Di Maio e recante in bella vista i simboli dei due partiti "contraenti", Lega e M5S. Tant' è che il file del contratto fu pubblicato sulle edizioni online di tutti i quotidiani, e ovviamente sul Blog delle Stelle. Quando nelle giornate del 30 e 31 maggio 2018 si ventilò l' ipotesi di far rientrare nell' alleanza di governo anche Fratelli d' Italia, il M5S - correttamente - si oppose perché il quesito votato con oltre il 90% dei consensi faceva riferimento esclusivamente al "contratto di governo" tra 5Stelle e Lega. Salvini e Di Maio fecero a Mattarella il nome di Conte solo dopo questi passaggi, cioè solo dopo la redazione del "contratto" e la consultazione della rete (per i grillini) e dei gazebo (per la Lega). Il 3 settembre di quest' anno, quando si è votato sull' accordo col Pd, la formazione dei gruppi parlamentari da parte di Renzi non era ancora avvenuta. Il programma del governo giallo-rosso è stato concordato da Di Maio e Zingaretti, con un quesito che faceva riferimento solo al Partito democratico. La domanda è: cosa avrebbero votato gli iscritti del MoVimento se avessero saputo che anche Renzi sarebbe entrato nel Consiglio dei ministri con addirittura due ministri? Avrebbero dato il loro assenso con quasi l' 80% dei voti? Forse la risposta non è così scontata, perché Grillo avrebbe potuto giocare sulla differenza tra Zingaretti e Renzi. Beninteso, non c' è alcuna norma in statuti e regolamenti che imponga a Di Maio questa nuova consultazione, e la democrazia non è "diretta" a tal punto che siano gli stessi iscritti o i portavoce a poterla richiedere. Ma Di Maio può indirla quando vuole. Sarebbe una questione di onestà. Non solo. Una nuova consultazione degli iscritti chiamati ad esprimersi su un' alleanza con quelli di "Banca Etruria" e dei risparmiatori truffati, potrebbe essere uno strumento per il Capo politico dei 5Stelle per far cadere un governo che non voleva, male sopporta ed è privo di consenso popolare. Ci libererebbe di Renzi prima che questo possa organizzarsi e staccare lui la spina. E solo per questo gli italiani gli farebbero un monumento. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma