Pietro Senaldi: ormai Luigi Di Maio è rimasto solo
Tre sono gli sconfitti del governo giallorosso: i cittadini, che in maggioranza avrebbero voluto votare, Matteo Salvini, che fino a due mesi fa era l' uomo più potente d' Italia, e Luigi Di Maio, che sta sperimentando la solitudine del numero zero, solo con la sua poltrona. Se però gli elettori, presto o tardi, torneranno a dire la loro e il leader leghista, come guida dell' opposizione e capo del primo partito italiano, può ambire a giocarsi una seconda mano, stavolta secondo le sue regole, l' attuale ministro degli Esteri non ha alcuna prospettiva futura. Né dentro al Parlamento, visto che non controlla il suo partito, né mai l' ha fatto davvero, né fuori, non sapendo fare nulla. Nel suo ufficio alla Farnesina, Di Maio dovrebbe mettere la foto del suo predecessore Alfano, del quale rischia la medesima sorte, con la differenza che Luigino non ha un lavoro al quale tornare, mentre ad Angelino, che fornisce consulenze legali di alto livello, le cose fuori dalla politica vanno meglio che dentro. Recentemente un' ottantina di parlamentari grillini ha scritto una lettera sostenendo che l' ex vicepremier, ora che è stato declassato, ha troppi impegni. Luigino starà sempre via per lavoro, e in più dovrà anche studiare inglese 3-4 ore al giorno, molti tra i cinquestelle sono convinti che sarebbe meglio se il partito si dotasse di una nuova guida, o lo sostituisse con un direttorio: visto che Grillo si crede Gesù Cristo, si parla di dodici persone al tavolo, come gli apostoli. Di Maio nega che ci siano problemi, ma è una balla e già sta studiando per il ruolo di Giuda Iscariota. In realtà quello che sta accadendo è più che logico, anzi è la prova che, a suo modo, M5S è diventato un partito normale, come gli altri: il capo è sull' orlo del precipizio e tutti sgomitano per dargli la spinta e salvarsi loro. Stavolta però è difficile dare torto ai cospiratori. Da capo, Di Maio ha dimezzato i consensi del partito, facendosi mangiare una buona fetta del voto di protesta dalla Lega e spingendo a tornare all' ovile molti delusi del Pd che avevano optato per M5S. Quando si è aperta la crisi poi, l' allora vicepremier ha fatto di tutto per mettere i bastoni tra le ruote al governo giallorosso, facendosi tentare dalle sirene di Salvini, che gli offriva Palazzo Chigi, senza probabilmente avere la minima intenzione di metterlo. Luigino, del quale girano video comici nei quali giura che non andrà mai con il partito di Bibbiano, «che toglieva i bambini alle famiglie con l' elettrochoc per venderseli» ha acconsentito solo per l' intervento di Grillo e alzato il prezzo fino all' ultimo, ottenendo la Farnesina. Una vittoria di Pirro, perché tutti i suoi colleghi hanno capito che non gli importa di nulla fuorché di sé e che per una poltrona è pronto a mandare in malora tutto il Movimento. Questione vitale - Liberarsi di Luigino per i grillini è questione di vita o di morte: se resta capo, trascina tutti nel precipizio. Si dice che spesso le qualità che fanno la fortuna di un uomo sono anche quelle che ne determinano la rovina. È il caso dell' ex ragazzo d' oro di Pomigliano d' Arco. Era stato scelto da Casaleggio e Grillo proprio perché non aveva una sola idea personale, era un bicchiere vuoto pronto per essere riempito e andare in tv a ripetere la lezione a memoria. Erano certi che, finché gli avessero garantito una poltrona, non avrebbe mai preso un' iniziativa personale, mica come Di Battista, Fico, ma perfino Fioramonti o la Lezzi che, seppur sbagliato, almeno qualche pensiero politico ce l' hanno. Luigi invece no, può essere indifferentemente pro o contro la Tav, pro o contro l' Europa, pro o contro l' autonomia, pro o contro la Lega come il Pd. È Gommaflex, infatti non cambia mai espressione né tono di voce. Salvini se lo teneva stretto, consapevole che mai la sorte gli avrebbe potuto regalare un altro alleato così arrendevole e politicamente comprabile. Oggi però la sua impalpabilità politica ne è anche la palla al piede. Con un Movimento da rilanciare e un' alleanza da reinventare, il suo incarico all' interno di M5S è un monumento all' inutilità. Il suo essere senz' anima e senza direzione esaspera lo stato di confusione nel quale versa il Movimento. Per approfondire leggi anche: Luigi di Maio e l'esodo dal M5s Conte, Renzi e Zingaretti l' hanno fatto fuori: l' hanno messo agli Esteri per levarselo di torno, per sottolineare la sua cupidigia di poltrone qualunque siano, anche se non ha le competenze per sederci sopra. Tanto la politica estera la faranno il premier e Mattarella nel mondo e nella Ue, Gentiloni per il piccolo cabotaggio europeo e la ministra Lamorgese, la sostituta di Salvini, sul fronte immigrazione. Di Maio farà soltanto viaggi di studio all' estero. La sua parabola è tutta all' incontrario. Normalmente le persone studiano, fanno esperienza e poi ricoprono gli incarichi per i quali hanno accumulato il giusto bagaglio di sapere e pratica. Luigino invece prima ha ricoperto incarichi senza averne alcun titolo, dalla vicepresidenza della Camera a quella del governo, poi ha iniziato a fare esperienza ai nostri danni, come ministro del Lavoro e dello Sviluppo, varando provvedimenti devastanti come il reddito di cittadinanza, il decreto dignità e le norme che hanno ammazzato i ciclo-fattorini, infine oggi studia lingue e diplomazia a nostre spese. Spalle al muro - Farà ancora male, ma ci consoliamo con il fatto che probabilmente finirà anche male. Ha le spalle al muro, siccome Conte l' ha estromesso dal governo è tornato a strizzare l' occhio all' antigovernativo Di Battista e ai movimentisti grillini di sinistra, perché in politica il nemico del mio nemico è il mio migliore amico, anche se fino a ieri ci facevo a botte. Se avesse il coraggio e le capacità tattiche di Renzi, mollerebbe M5S prima che M5S molli del tutto lui e si farebbe il suo partitino del 3%, utile a nulla se non a tornare a contare qualcosa e a non dover chiedere permesso prima di sedersi in consiglio dei ministri come è costretto a fare ora. Peccato per lui che, per farlo, deve prima pagare i centomila euro di multa che ha messo per qualunque parlamentare voglia lasciare Cinquestelle. Infatti fa i suoi conti e lancia il vincolo di mandato. Ancora una volta ragiona in piccolo. di Pietro Senaldi