Pietro Senaldi, l'affondo: "Soltanto tasse, questo governo è una latrina"
Che figura di m... M5S, Pd, Renzi e i comunisti si sono messi insieme per salvare il Paese dal tracollo, dicevano. Pur di non far votare gli italiani ed evitare il trionfo di Salvini sono passati sopra alle quintalate di letame che si sono tirati addosso per anni. I grillini hanno sempre irriso e insultato i dem, che non hanno mai sopportato Renzi, il quale nutre un ostentato disprezzo per i Cinquestelle. Ultimi ci sono i Liberi e Uguali, che mettono d' accordo tutti perché nessuno li considera. Infine il premier senza esercito, per i 14 mesi del governo gialloverde felice Arlecchino servo di due padroni, e poi improvvisamente, un giorno di mezza estate, leader del partito dell' odio anti-leghista. Dopo due mesi il Conte che volle farsi re è stato travolto dalla propria ambizione. Pur di liberarsene, Di Maio e Renzi fingono di avere qualcosa in comune. Zingaretti lo sostiene, ma solo perché altrimenti gli schiaffi arriverebbero a lui e oggi il Copasir, il Comitato per la sicurezza nazionale, lo interrogherà per verificare che il professore non abbia messo a disposizione degli Usa i nostri 007 per garantirsi la benedizione di Trump al suo secondo esecutivo. Per più di un anno la sinistra non ha fatto che insultare il governo gialloverde, dando dell' incapace a Di Maio e del fascista al leader della Lega. Poi con un blitz ha preso il potere e ha messo in campo i suoi fenomeni, che però si sono rivelati da baraccone. All' Economia, alla vicepresidenza del Consiglio e all' Interno erano meglio Tria, Giorgetti e Salvini rispetto a Gualtieri, Fraccaro e Lamorgese. All' Istruzione era meglio Bussetti di Fioramonti e agli Esteri perfino Moavero era preferibile a Di Maio. E Toninelli Toninelli no, meglio la De Micheli alle Infrastrutture. modello prodi I nodi stanno venendo al pettine prima di ogni previsione. La manovra ha svergognato il governo. Conte e compagni, campioni di annunci, non hanno partorito nulla. Salvini ha fatto cadere il governo perché non riusciva più ad andare avanti con i no dei grillini. Nell' esecutivo giallorosso i no li dicono tutti e la macchina non è neppure partita. Prodi, silurato due volte dai suoi compagni di strada, ha confessato di rivivere il passato ogni volta che legge un giornale. È la malattia della sinistra, il litigio e la divisione, ma stavolta non c' è stato neppure il tempo dell' incubazione, è scoppiata subito. La situazione è grottesca. L' unica nota positiva è che, per forza di cose, ci è stato risparmiato il festeggiamento grillino sul balcone al varo della manovra. L' anno scorso Di Maio celebrò l' abolizione della povertà. A questo giro non è stata trovata neppure una balla di cui vantarsi. Il governo ha fatto le cinque del mattino per varare la manovra, alle 12 l' ha annunciata e alle 18 metà dei suoi componenti già diceva che non andava bene. È stato fissato un vertice di maggioranza, preceduto da fitti colloqui bilaterali, per dipanare la situazione. Alla fine si è deciso di non fare nulla e rimandare ogni cosa. D' altronde, che si poteva fare? La maggioranza scricchiola, ognuno gioca per sé. Tutti rivendicano provvedimenti fantasmagorici, che poi non prendono, per nascondere il fatto che firmano la solita ricetta della sinistra: un' infornata di tasse e aumento del debito pubblico. Il governo è nel guano e, come recita il nostro titolo, dal letame nascono tasse, non fiori per i contribuenti, come invece cantava De André. L' esecutivo si è dato la giustificazione di nascere per scongiurare l' innalzamento dell' Iva, anche se né Tria né Salvini volevano aumentarla. Era viceversa intenzionato a farlo il nuovo ministro dell' Economia, il piddino Gualtieri, che puntava a un gruzzoletto di 5 miliardi. L' hanno fermato Renzi e Di Maio, per non sputtanarsi, ma siccome l' Europa già ci aveva fatto lo sconto e le stime del recupero dell' evasione fiscale erano già state fissate a un livello incredibile (7 miliardi), ecco che per tappare il buco del mancato introito dell' imposta sugli acquisti sono stati introdotti ulteriori balzelli. Tanti e fastidiosi, ma piccoli perché passassero inosservati. E allora via alle detrazioni delle spese sanitarie per chi lavora e sovvenziona il sistema con le sue tasse, gabella sul certificato penale per gli innocenti che devono dimostrare di esserlo, imposta sulla Coca Cola e moltiplicazione per tre del tributo sulle compravendite immobiliari, tanto per non far ripartire il mercato, agonizzante dai tempi di Monti. E poi, guerra alle partite Iva: l' innalzamento della flat tax leghista dall' attuale tetto dei redditi fino a 65mila euro a quello di centomila, previsto per l' anno prossimo, viene cestinato. il peggio deve venire Ma il peggio ha sicuramente da venire. Più manette agli evasori e multe ai commercianti che prediligono il contante. Intendiamoci, siamo ovviamente contro l' evasione, ma prevedere l' aumento di pene senza una diminuzione delle imposte e senza una riforma del sistema fiscale che lo semplifichi almeno un po', equivale a combattere il sintomo sbattendosene del male. E il virus è il prosperare di una giungla tributaria che paradossalmente rende più facile evadere le tasse piuttosto che pagarle. Non c' è da illudersi comunque, più il governo sprofonderà nel letame per incompetenza, divergenze e mancanza di strategia, più i suoi componenti cercheranno di restare attaccati alle poltrone. Da Salvini a Renzi, gli esecutivi cadono quando qualcuno si pensa più forte di quel che è. Questi sono improbabili, non però al punto da sovrastimarsi. Sanno di valere quanto la loro manovra e il materiale di scarto di cui è composta. Litigheranno, ma non ce li toglieremo di torno, resteranno al nostro cospetto pur con la camicia macchiata di marrone. di Pietro Senaldi