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Giuseppe Conte scarica su Matteo Salvini le sue grane con i Servizi segreti

Cristina Agostini
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Tutto falso. La nostra intelligence è del tutto «estranea» al caso Russiagate. Il comportamento del presidente del Consiglio si è svolto nel modo più corretto. «Rifarei tutto». Piuttosto, chi dovrebbe chiarire i suoi rapporti con la Russia è Matteo Salvini. «Mi sorprende», ha detto il premier al termine dell' audizione al Copasir, che chi «ha una grande responsabilità - perché era ministro dell' Interno e si è candidato a guidare il Paese chiedendo pieni poteri - come lui non avverta la responsabilità di fare altrettanto». Così come va approfondito, ha suggerito il premier, il ruolo di chi era a Palazzo Chigi tra la primavera e l' estate del 2016. Visto che le informazioni richieste dagli americani riguardavano quel periodo. E chi c' era al governo? Matteo Renzi. È durata due ore l' audizione del premier davanti al Copasir. Riunione che all'ordine del giorno aveva la nuova legge sui Servizi, ma, come recita il comunicato finale, si è parlato anche di di «attualità». Cioè degli incontri tra William Barr, ministro della Giustizia Usa, e i nostri Servizi, più o meno agevolati, questo era il punto da chiarire, da Palazzo Chigi. Riunione secretata. Ma Conte, all' uscita, ha voluto chiarire la sua versione.  La richiesta di giugno - Prima di tutto ha smentito che le richieste degli Usa siano arrivate in agosto. «Falso, risale a giugno». Così come «è completamente falso che il tweet del presidente Trump sia collegato al caso Barr. Trump non mi ha mai parlato di quest' inchiesta». Falsa anche la ricostruzione dei suoi rapporti con il ministro della Giustizia Usa. «Io non ho mai interloquito con Barr, né per telefono, né per iscritto, ho acceduto a questa interlocuzione al fine di chiarire che non avevamo elementi di coinvolgimento nel caso sollevato dai servizi Usa del nostro reparto di intelligence, né di singoli dipendenti». Leggi anche: Conte al Copasir, la vera "lettura": "Ha difeso Renzi e Gentiloni". Il retroscena politico, ora si spiega tutto Barr «è anche responsabile dell' attività dell' Fbi che si occupa di intelligence americana e controspionaggio ed agisce anche all' estero» e la «richiesta» di informazioni all' Italia avveniva «al fine di verificare l' operato degli agenti americani». Non era in discussione, quindi, «l' operato delle autorità italiane». Ha poi spiegato che nell' incontro del 27 settembre con il ministro della Giustizia Usa «è stato chiarito che alla luce delle verifiche fatte la nostra intelligence è estranea a questa vicenda (il Russiagate, ndr), abbiamo rassicurato gli Usa di questa estraneità». Lo hanno accusato di non aver informato il governo. Conte ha respinto la critica: «La responsabilità della sicurezza il premier non la può dividere con ministri o leader, se l' avessi condivisa con persone non legittimate avrei violato la legge». Non ha proprio nulla di cui scusarsi: «Se tornassi dietro non farei e non potrei fare diversamente, perché in questa indagine preliminare che conduce un nostro alleato e che Barr, responsabile del controspionaggio e dell' Fbi, sta portando avanti, c' è una tipica attività di intelligence. Se ci fossimo rifiutati di sederci a un tavolo, allora avremmo recato sì un danno alla nostra intelligence, oltre a produrre una grave slealtà nei confronti di un alleato storico». Conte ha attaccato Salvini. «Forse dovrebbe chiarire che ci faceva con Savoini con le massime autorità russe, il ministro dell' Interno, il responsabile dell' intelligence russa. Dovrebbe chiarirlo a noi e agli elettori leghisti. Dovrebbe chiarire se idoneo o no a governare un Paese». Quindi, ha puntato la lancia contro l' altro nemico, per quanto alleato. «Non posso declinare tutti i dettagli della vicenda», ma «le attività» di cui Barr ha chiesto lumi riguardavano soprattutto «la primavera estate 2016 e riguardavano anche informazioni su Mifsud. È stato chiarito che non avevamo informazioni». Per il resto, la nostra intelligence è del tutto estranea. «La richiesta Usa era in riferimento ad agenti americani di stanza a Roma che hanno operato su territorio italiano». Volevano sapere se avevano lavorato con quelli italiani. «Abbiamo verificato» e la risposta è che no, non c' è stato scambio di informazioni. La richiesta degli Usa, ha poi aggiunto, «non è pervenuta a me direttamente, ma tramite ordinari canali diplomatici». Quanto all' incontro avvenuto il 15 agosto, «era per così dire tecnico, ed l' incontro al quale ha preso parte Vecchione». di Elisa Calessi

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