L'analisi

Lo strappo tra Berlusconi e Alfano affonderà Renzi

Andrea Tempestini

In ogni crisi, si usa dire, c'è un'opportunità. E chissà che Silvio Berlusconi quest'opportunità non l'avesse individuata da tempo. C'è un motivo per il quale la scissione Cav-Alfano, forse, all'ex premier spiace un po' meno di quanto dica (e lo stesso vale per Angelino). La politica, si sa, è cosa strana: i più maliziosi potrebbero anche avventurarsi ad immaginare che fosse tutto programmato. Quest'ultima, chiaramente, è un'illazione. Ma di cosa stiamo parlando? Parliamo del fatto che lo spacchettamento Forza Italia-Nuovo Centrodesta, con buona probabilità, finirà per gravare su una persona più che su tutte le altre: Matteo Renzi. Azioni e golden share - Il sindaco di Firenze, infatti, a breve si prenderà il Partito democratico: difficile ipotizzare che non la spunti alle primarie dei veleni in calendario per il prossimo 8 dicembre. Appunto, primarie dei veleni: Renzi si prenderà un partito eternamente spaccato, e ancor più polarizzato nel momento in cui lui ne diverrà il segretario. Ma questo c'entra fino a un certo punto. Quello che conta, invece, è che ora come ora, con l'addio di Berlusconi, le larghe intese sono pesantemente a trazione democratica: il Pd è l'azionista di super-maggioranza di questo esecutivo, che per sopravvivere, però, avrà bisogno come l'ossigeno della "golden share" alfaniana, ossia i voti dei30 senatori e 27 deputati protagonisti della scissione. Buon viso a cattivo gioco - Il sindaco toscano, da par suo, si è sempre mostrato scettico sulle larghe intese. Non gli piacciono, le trova inutili, paralizzate. Le ha combattute, anche fieramente, schierandosi in prima linea contro Enrico Letta e, al solito, frantumando il partito. Ma ora, a giorni, sta per compiersi il più scomodo dei paradossi: Matteo sarà il segretario di un partito che, nei fatti e nei numeri, sostiene il governo. La pattuglia renziana in Parlamento non è maggioranza e, inoltre, il presidente del Consiglio è un democratico. Giocoforza, Matteo dovrà fare buon viso a cattivo gioco, anzi dovrà fare "gioco di squadra". Dovrà sostenere un governo democratico (s'intenda: del Pd). Come lo sgonfiano - Si sa, fare opposizione è più "produttivo" (in chiave elettorale). Così Matteo, a meno di voler schierare contro il premier il suo stesso partito, fino a quando le larghe intese - o quel che ne rimane - dureranno, dovrà cimentarsi in uno slalom tra critiche e misure impopolari. Basti pensare alla recente, e durissima, bacchettata dell'Europa sulla legge di stabilità per capire che il futuro che ci aspetta è tutt'altro che roseo. Il Belpaese sarà chiamato ad altri sacrifici. La faccia ce la metterà Letta. E Renzi, eccezionale nel criticare e rottamare, dovrà invece difenderlo. Berlusconi, nel frattempo, raccoglierà consensi sparando contro il governo delle tasse. Per poi, nel momento più opportuno, intrecciare nuovamente il suo percorso con quello di Alfano. E alle elezioni, un Renzi fiaccato da mesi, o forse anni, di "governismo", potrebbe essere un avversario molto, molto meno pericoloso.