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Maurizio Lupi, archiviata l'inchiesta: chi si deve scusare. E vergognare

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Davide Locano
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Se Lupi somigliasse al suo nome adesso dovrebbe saltar fuori dalla pellicceria in cui era finito quattro anni fa scotennato da una banda di forcaioli, e girare per Montecitorio, per tivù e giornali, a mordere i persecutori. Dovrebbe pure passare dalla Procura di Firenze se non altro a ululare, ma glielo sconsigliamo vivamente. Del resto - da buon cattolico - ha perdonato. Non solo era innocente, ma non era stato neppure indagato. Adesso si scopre che anche i suoi collaboratori erano stati coinvolti in una storiaccia di corruzione per un equivoco. Era stata «male interpretata», ha sentenziato il gip archiviandoli, una telefonata ricevuta da Lupi mentre era ministro delle Infrastrutture e Trasporti. Leggi anche: Maurizio Lupi affonda il governo Pd-M5s Non indagato e cacciato via come un cane malato dal consesso degli onesti, ben prima che si dimettesse. Scrive Lupi su Facebook: «Mi dimisi il 15 marzo 2015, pur non essendo mai stato indagato, per le polemiche suscitate da quell' inchiesta e per gli attacchi alla mia famiglia. Oggi, a distanza di 4 anni, continuano le archiviazioni. Ero certo, come lo sono adesso, della correttezza del lavoro dei miei collaboratori al ministero e non ho mai contestato la legittimità delle indagini ma sempre il processo mediatico che ne è seguito e la sua strumentalizzazione politica. Non rimpiango di essermi dimesso perché con quel gesto volevo testimoniare la mia concezione di politica e di governo. Mi domando solo: chi ripagherà dei giorni terribili passati dalle persone coinvolte, le carriere rovinate, la sofferenza dei familiari? Per chi di voi è curioso lascio il video del mio intervento in aula di quel giorno. A voi il giudizio: https://storia.camera.it/video/20150320-aula-seduta-396#iframeWebtv | Facebook». SCHIENA DRITTA Be', c' ero in aula, e me lo ricordo. Tenne la schiena molto dritta, ma sanguinava. Non ci fu alcun buon samaritano a soccorrerlo. Fu abbandonato da tutti. Non lo difese come si deve nessuno dei suoi alleati, al contrario del solo Renato Brunetta che pure era all' opposizione. Matteo Renzi? Oggi lealmente riconosce l' orrore subito da Lupi, e non è poca cosa, lamenta che i social e i giornalisti con il cappio all' occhiello nasconderanno l' ingiustizia perpetrata. Ma allora non seppe o non volle opporsi all' apparato del Pd e ai suoi appetiti. Quel ministero era ed è una leccornia, e la lapidazione pubblica cascava a fagiolo per liberare la cadrega. Al dicastero di Lupi, che fu ottimo ministro, uno che apriva i cantieri e faceva procedere i lavori, si acquartierò al volo Graziano Delrio. Ricordate la storia? Basta una parola: Rolex. Lupi aveva (e ha) un figlio parecchio in gamba. Per la laurea in ingegneria un imprenditore gli regalò un Rolex di quelli da poche migliaia di euro (esistono). Fece sapere che lo avrebbe assunto volentieri nella sua impresa edile. Chi esce dal Politecnico di Milano, non ha bisogno di elemosine: accettò un' offerta in America, dove rimase convinto dal padre visti gli attacchi su giornali, tivù, Crozza, Travaglio e compagnia trattato da scroccone figlio di scrocconi, immerso fino al mento nella cloaca della corruzione. Una scarnificazione scientifica. I procuratori di Firenze dopo aver sparso elementi ottimi per il linciaggio mediatico si ritirarono. Non prima che Lupi si dimettesse da ministro. Lupi dice che furono spontanee. Gli ero vicino, posso testimoniare: poteva resistere, non c' era avviso di garanzia. Preferì difendere la pace familiare e il destino del figlio sacrificando la carriera ministeriale. Questo dal punto di vista di Lupi. Dal punto di vista della verità storica le dimissioni furono «spintanee», provocate ad arte con atti proditori da purga stalinista. Lupi fu messo nella condizione di optare, stante la sua idea della vita e della politica, per il bene maggiore (la famiglia) e il male minore (la perdita del potere). Ma che ribrezzo questo agguato. Dopo aver fornito le munizioni al plotone di esecuzione sanculotto, i pm esaminarono con la lente di ingrandimento le intercettazioni di Lupi (non si sarebbe potuto, ma va così) e del suo entourage ministeriale e amicale, orologio donato, circostanze del regalo, contratti del figlio, partenze e ritorni. Niente. Nessuna infezione corruttiva. Ne eravate stati informati? CHI RIPAGA IL MALE? Lupi, come dimostra il dolore che traspare dalle righe che ha diffuso sui social e l' amarezza che so sincera di Renzi, benché non sia mai stato neppure indagato è rimasto lesionato profondamente da quell' attacco a lui e al figlio. Siate sinceri. Dopo quei fatti finiti nelle nebbie, senti il nome di Lupi e pensi sia un furbetto che non si capisce come l' abbia fatta franca. Un secchio di sporcizia che, a leggere le carte, si capiva subito essere stata rovesciata con malizia su un uomo onesto. Eppure in questa Italia non è bene essere puliti. Non serve. Occorre essere incastonati come gemme nell' ombelico delle procure e dei giornalisti e politici del loro partito. Lupi se l' è cavata in questi anni. È rimasto deputato, lavora parecchio sul territorio della Brianza. Il figlio si è trasferito lontano: un cervello, anzi un' anima in fuga; e forse è un bene per lui. Altri - che ora si scoprono prosciolti, neppure processabili - hanno perso lavoro, le intercettazioni diffuse ne hanno sfregiato la reputazione. Non erano reati, ma che importa? Sei morto. E hanno dovuto rifarsi una vita all' estero. Particolare ultra-interessante. La notizia del proscioglimento è stata fornita oggi dal Corriere della Sera, a piè di pagina 20. Ai tempi il Corriere ci apriva la prima pagina. L' autore dello scoop così poco valorizzato è Luigi Ferrarella. Nessun altro ha attinto questa informazione al Palazzo di Giustizia di Milano (a cui Firenze aveva passato la pratica). Lui l' ha scoperta. E la data di questo proscioglimento? Eccola: 20 aprile 2018! Un anno e mezzo è stato zitto il Tribunale di Milano. Ora per caso, emerge che «i pm milanesi Eugenio Fusco e Carlo Scalas abbiano chiesto (il 13 dicembre 2017) e ottenuto dal gip Giulio Fanales (il 20 aprile 2018) l' archiviazione». Fanno per il comodo delle tivù conferenze stampa con procuratori, generali e colonnelli, filmati e diapositive quando partono le inchieste. Poi, come nota acutamente Ferrarella: «Dopo l' iniziale eruzione vulcanica giustamente all' attenzione pubblica, carsicamente spariscono». Scrive proprio così: giustamente. E dove sarebbe la giustizia del tacere l' innocenza, signori procuratori e giornalisti della loro filibusta? di Renato Farina

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