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Pietro Senaldi sul futuro di Luigi Di Maio: "Le tenterà tutte per tornare con Matteo Salvini"

Caterina Spinelli
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Il primo governo non si scorda mai. Di Maio ha nostalgia di Salvini, l' uomo che l' ha reso vicepremier. Perché Luigi a Conte non deve nulla, semmai è l' inverso, e pure con M5S non è in debito. Grillo l' ha fatto capetto visto che non c' era di meglio, ma quando il ragazzo prodigio di Pomigliano d' Arco ha portato il Movimento al 34%, neppure a un uomo dotato di umorismo come il comico genovese è venuto mai in mente di insediarlo a Palazzo Chigi. Gli ha preferito il professore di Volturara Appula, dall' incerto curriculum. La pulsione di Di Maio verso Salvini è così evidente che il leader pentastellato è costretto a negarla tre volte al giorno, nella speranza che qualcuno gli creda. Ogni mattina Luigi spiega alla stampa che nella vita dà fiducia a tutti, ma una volta sola, e Matteo l' ha tradito, quindi la sua porta si è chiusa e lo resterà. Tuttavia le voci che lo vogliono sotto le finestre del segretario leghista con i fiori in mano per tornare a fare coppia sono insistenti. D' altronde Luigi ha tentennato a lungo quando a fine agosto, per sparigliare le carte, l' ex ministro dell' Interno gli offrì la poltrona di Conte. Lui aveva già detto sì, e buona parte del Movimento era d' accordo. Dovette intervenire Grillo in persona per far saltare l' intesa e costringere l' allora vicepremier a degradarsi a ministro degli Esteri, ruolo che il leader pentastellato non gradisce, al punto da aver saltato il G20 per risolvere beghe interne di partito. IN NOME DELLA REALPOLITIK Luigi sarà anche sincero quando afferma che non perdona chi gli volta le spalle ma il suo problema è che ormai lo hanno tradito tutti. Pertanto o resta solo, e sparisce, o inizia a rivedere qualche principio in nome della realpolitik. Grillo, da che ha problemi giudiziari in famiglia, si è votato al Pd. Conte ha venduto l' anima all' Europa per essere riconfermato premier e non può che schierarsi con il partito di Zingaretti, quinta colonna dell' Unione. Sia i Dem sia Renzi hanno sempre disprezzato i grillini e ci si sono messi insieme solo per tornare al potere, con l' intenzione di fagocitarli e buttarli via. Dopo venti mesi ininterrotti di sconfitte, con un partito che si è ridotto di due terzi, Di Maio è più solo che mai anche all' interno del Movimento. Fico è sempre stato un suo competitor, Casaleggio pensa a far soldi con la piattaforma Rousseau, gli ex ministri lo accusano di averli venduti per tenersi la poltrona e gli fanno la guerra. Pure i miracolati Fraccaro e Bonafede, che hanno conservato il dicastero, gli remano contro e sostengono il premier per paura di perdere lo scranno. Luigi è stato costretto a far pace con Di Battista, l' unico pronto a seguirlo in quanto disposto a tutto per ritornare in Parlamento. Benché in coppia con Salvini sia passato dal 34% al 17, Di Maio oggi è nella situazione di dover ricordare il governo gialloverde come il suo periodo d' oro. Almeno aveva un alleato che gli lasciava far qualcosa e non gli sparava ogni giorno contro. Con Matteo, M5S ha portato a casa il reddito di cittadinanza, il decreto dignità, di fatto il taglio dei parlamentari, e una lunga serie di poltrone di primissima fila, ma soprattutto ha condiviso un vento di novità che ora non soffia più. Grillo e Conte hanno costretto Di Maio a seguirli in una capovolta a 180 gradi, passando dalla Lega ai Dem, ma ora Luigi vorrebbe finire la giravolta, fare 360 e tornare al punto di partenza. La tendenza Salvini per il leader di M5S non è solo un capriccio amoroso. Egli la sente come l' unica speranza. Ormai il governo volge al capolinea. Il Pd si sta convincendo ad anticipare le urne per liberarsi di Renzi e ridimensionare i grillini. Anche in caso di sconfitta, la mossa consentirebbe a Zingaretti di mandare in Parlamento un drappello di fidati sinistrorsi e presentarsi come il capo unico dell' opposizione. Pure il leader di Italia Viva non è più così ostile al voto. Vuole soffocare in culla il partito di Calenda e impedire ai Dem di accordarsi con la Lega per una legge maggioritaria che lo cancellerebbe dal Parlamento. Tutti poi hanno convenienza a votare per evitare il taglio degli onorevoli. GOVERNO AL CAPOLINEA I soli che non hanno alcun interesse a porre fine alla legislatura sono i pentastellati, che uscirebbero annientati, nel numero e nel morale. Per questo Di Maio, o chi per lui, avrebbe mandato in esplorazione in Senato una decina di grillini a testare la disponibilità della Lega per rifare un governo gialloverde. Ma Salvini non ci sta. Ritiene sarebbe uno spettacolo ridicolo e teme di scatenare la concorrenza della Meloni. Perciò Luigi sarà costretto, presto o tardi, a prendere il coraggio a due mani, rompere prima che lo rompano, e tentare un' avventura solitaria che faccia capire quanto (non) vale. di Pietro Senaldi

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