Roba da Unione Sovietica

Intercettazioni, fiducia al Senato: così lo Stato entra nel tuo telefono, privacy cancellata

Marco Rossi

Dopo l'approvazione alla fiducia sul dl Intercettazioni, si avvicina il via libera definito alla nuova pratica investigativa con l’utilizzo dei “captatori informatici”: i cosiddetti trojan. Il loro impiego è previsto dal decreto legge 216 del 2019, approvato a Senato e ora in viaggio verso Montecitorio per l’ok definitivo in vista dell'entrata in vigore di maggio. Nella recente guerra contro il premier Conte, Renzi si era detto contrario aizzando i litigi nella maggioranza. Ma poi ha ceduto il passo, dando mandato ai suoi di votare la fiducia (ma senza presentarsi personalmente in Aula). Per approfondire leggi anche: Omicidio Cerciello Rega, errori nelle trascrizioni L’uso dei trojan era già stato normato dalla riforma Orlando del 2017 e il decreto firmato dal ministro Bonafede non ha fatto altro che ampliarne il campo di applicazione sulla scia della legge "Spazzacorrotti". Oltre ai già previsti reati per mafia e terrorismo, la legge ne prevede l'utilizzo anche per i crimini dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Inoltre, è saltato pure un altro confine: quello che prevedeva la sospensione delle captazioni quando l’indagato si trovava nel privato dell'abitazione (a meno che in quel preciso istante non si stesse consumando un reato). Ora tutto è ascoltabile, pure in camera da letto. I punti critici sono diversi, evidenziati - come rivelato dal Giornale - anche dagli esperti ascoltati dalla Commissione giustizia del Senato nel corso della audizioni. Molti dei rischi riguardano la privacy: il timore infatti è che lo strumento possa trasformarsi in una "rete a strascico" e andare ben oltre il campo di applicazione, sfruttando le evidenti lacune della normativa. Perché una cosa è intercettare le chiamate di un indagato, cosa diversa è scandagliarne tutta la vita o quella di chi lo incontra. L’infezione avviene così: al vostro cellulare arriva una mail, un messaggio, un aggiornamento o un link da cliccare. Pensate sia innocuo, invece è un “cavallo di troia” che permetterà a un virus di infettare il vostro dispositivo (cellulare, computer, tablet) e di metterlo a “disposizione” di un magistrato.