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Il pentito: "Nel '91 la mafia voleva uccidere Bossi: il senatur ce l'aveva col meridione"

Il racconto del boss: "Umberto era a Catania e io proposi di farlo fuori". Ma la cupola si oppose: "E' un pupo, lì chi comanda è Miglio"

Roberto Procaccini
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La mafia voleva uccidere Umberto Bossi per difendere il buon nome del meridione. Lo racconta il pentito Leonardo Messina davanti alla corte d'Assiese di Palermo nel processo sulla trattativa Stato-mafia:  "Ero con alcuni uomini d'onore, tra cui Borino Miccichè - son le sue parole -, quando mi venne detto chiaramente, tra la fine del 1991 e l'inizio del 1992, che c'era una commissione nazionale che deliberava tutte le decisioni più importanti. Una commissione in cui sedevano i rappresentanti di altre organizzazioni criminali e il cui capo era Totò Riina". Proprio nell'ambito di queste frequentazioni, il pentito avrebbe maturato la decisione di uccidere il leader dell'emergente Carroccio: "Un giorno c'era Umberto Bossi a Catania e io dissi a Borino Micciché - rievoca -: questo ce l'ha con i meridionali e gli dissi vado e l'ammazzo". Ma la cupola non volle l'esecuzione del Senatur. Miccichè "mi disse di fermarmi - racconta Messina -: questo è solo un pupo. L'uomo forte della Lega è Miglio che è in mano ad Andreotti. Insomma - conclude -, si sarebbe creata una Lega del Sud e la mafia si sarebbe fatta Stato".

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