Alfano a Letta: "Non possiamo tirare a campare"
Il gioco di posizionamento continua. L'assedio al governo Letta pure. Il premier incontrerà domani, martedì 11 febbraio, Giorgio Napolitano al Colle. Un incontro che potrebbe essere decisivo e che, con tutta probabilità, porterà un rimpasto radicale. Niente dimissioni, né staffetta con Matteo Renzi, dunque. Si mescoleranno le carte, e per farlo, però, si dovrà plausibilmente passare per uno scivoloso voto di fiducia. Il governo, insomma, pur fiacco e zoppicante, per ora resiste. Ma per quanto? Il tranello - Di certezze non ce ne sono, ma il quadro, alla luce di alcune recenti dichiarazioni, pare essere più chiaro. Si parte dalle parole della domenica sera di Renzi, che esclude - pur lasciando aperto un piccolo spiraglio - la sua ascesa a Palazzo Chigi: "Ma chi ce lo fa fare di andare al governo senza le elezioni? Nessuno di noi lo ha mai chiesto". Il segretario del Pd, insomma, fiuta la trappola dal sapore democristiano, quella che gli sta tendendo la parte ostile del suo partito, che lo vorrebbe premier subito, senza passare per il voto, per dar via così a una strategia di logoramento che, nelle intenzioni della sinistra democratica, dovrebbe bruciare la stella nascente di Matteo. Nodo Italicum - Un quadro che è chiaro a uno dei fedelissimi del sindaco, Davide Faraone, che commenta tranchant: "Chi propone Renzi premier lo fa con lo spirito di quei democristiani che volevano far fuori un leader e lo proponevano al governo". Poi le parole della plenipotenziaria Maria Elena Boschi: "Il mio augurio è che Matteo diventi premier attraverso l'iniziativa popolare". In questo contesto, le elezioni restano lo scenario preferito dal sindaco di Firenze. Elezioni che, però, difficilmente si terranno a maggio. C'è l'Italicum di mezzo, la riforma elettorale sulla quale lui e Silvio Berlusconi si giocano quasi tutto. Una riforma che, se saltasse, travolgerebbe non solo il governo Letta ma, in parte, anche la loro credibilità. Un enorme favore a Beppe Grillo che né il centrodestra né il centrosinistra si possono permettere. Lo spauracchio - Tutti gli attori in campo, però, sono consapevoli del fatto che i tempi per varare l'Italicum potrebbero dilatarsi sensibilmente. Per esempio, il ridisegno dei collegi potrebbe essere il casus belli per un nuovo Vietnam parlmentare. I tempi, insomma, sono destinati ad allungarsi. Infatti Matteo continua a ripetere: "Un governo c'è già, e per me dura altri otto mesi". Fino a settembre-ottobre, dunque. Giusto il tempo, secondo i calcoli più realistici ed attendibili, per approvare l'Italicum ed evitare all'Italia il disastro di andare al voto col Consultellum, il Porcellum "depurato" dalla Corte Costituzionale che, nei fatti, ha consegnato al Paese una sorta di proporzionale puro che ci condannerebbe caos e all'ingovernabilità. La spallata di Angelino - A rendere più precisi gli orizzonti che, pur mutevoli, sembrano delinearsi, ecco le dichiarazioni di Angelino Alfano, rilasciate in un'intervista a Repubblica di lunedì 10 ottobre. Il leader di Ncd ricorda che "abbiamo fondato un movimento politico proprio per non far precipitare il nostro Paese in una crisi al buio", quindi aggiunge che "non abbiamo cambiato idea ma non condividiamo l'idea di Renzi che il governo abbia fatto poco". Ma c'è un "ma". "Ma c'è una cosa che non possiamo accettare: che invece di rilanciare il governo si dia vita a un tirare a campare. Non ci stiamo a un governicchio che ogni giorno rischia di scivolare su un incidente perché sostenuto da una maggioranza che non ci crede fino in fondo". Per Alfano, dunque, "è il Pd (ossia Renzi, ndr) che deve sciogliere il nodo di una fiducia autentica e convinta al governo". "Quindi - rimarca - è evidente che tocca a Renzi fare delle scelte ed è inevitabile che le sorti del governo si giochino nel rapporto tra lui e Letta. Occorre decidere subito". Rompete le righe - Alfano spinge sull'acceleratore. Vuole (quantomeno) un rimpasto, un profondo rimpasto con cui affrancarsi dal governo, almeno un po'. Ma anche l'idea di far salire Renzi a Palazzo Chigi (nonostante i "niet" di Matteo) lo stuzzica: i sondaggi, infatti, dimostrano che l'appoggio a Letta equivale a una costante perdita di consensi. Meglio cambiare. Il premier, dunque, si trova ad essere sostenuto da un partito (il Pd) da cui arrivano insidie senza soluzione di continuità e da un altro partito (Ncd) che, per bocca del leader, di fatto "congeda" Enrico e chiede uno scatto in avanti. Per ora sarà un rimpasto, un rimpasto che comunque potrebbe non bastare. Anzi, azzardiamo, non basterà. Potrà essere sufficiente, al più, per tirare a campare fino a ottobre, fino al varo dell'Italicum, una sorta di "rompete le righe" che si tradurrà nell'esercizio del voto. Di fatto, Renzi, è stato piuttosto esplicito nella sua spiegazione. Il sindaco ha deciso: si voterà ad ottobre. Anche Alfano sembra sulla stessa lunghezza d'onda. Infine Berlusconi, convinto da quest'ipotesi: il tempo basta per varare le riforme da intestarsi, e può bastare anche per indebolire l'avversario più temibile. Renzi, appunto. di Andrea Tempestini @antempestini